Antonello Ieffi aveva vinto un appalto per la fornitura di mascherine ma in realtà non disponeva di alcun contatto in Cina per approvvigionare con milioni di chirurgiche l’Italia. Gli unici milioni che gli interessavano erano quelli che avrebbe potuto trarre da questa mega truffa. Per questo traccheggiava sui tempi di consegna (inviando mail anche al ministro degli Esteri Luigi Di Maio) e cercava di schermare la reale proprietà della sua società. «Se ti fai un calcolo – dice Ieffi intercettato a Raffaele Bramucci – il prezzo unitario per la quantità, contando che siamo stati messi primi anche nei camici, è sessantasette milioni!».

Poco dopo Ieffi spiega la necessità di intestare la Biocrea a un’altra persona “su di me hanno fatto i raggi x, se entra un altro dobbiamo stare tranquilli che non c’abbia neanche in carico vecchio, figurati vanno indietro”. Alla fine Consip, la stazione appaltante capisce che qualcosa non va. Biocrea doveva rifornire con i primi tre milioni di mascherine diversi ospedali italiani tre giorni dopo avere vinto il bando.

Il 16 marzo in Italia dalla Cina non arriva nemmeno una mascherina. Il 18 marzo un ispettore dell’agenzia delle dogane vola in Cina per verificare l’esistenza del carico vantato da Ieffi. Di mascherine nemmeno l’ombra. Ecco che Consip annulla in autotutela il bando assegnato a Biocrea. Nel frattempo la finanza aveva già acceso i telefoni dell’imprenditore. Oggi sono scattate le manette.

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