Sentiamo parlare di cinghiali ogni giorno. Ce lo dice il collega. Vediamo foto pubblicate sui social. Addirittura ne parlano i TG. Ci attraversano la strada. Arrivano vicino alle nostre case. La questione non interessa solo la Capitale, come si vede in TV. Ma ormai coinvolge diverse città italiane, oltre che le aree di provincia.

Ma perchè fino a qualche anno fa il problema non esisteva?

Secondo un’indagine dell’ISPRA i cinghiali in Italia sono circa un milione. Dieci anni fa se ne contavano la metà. Coldiretti sostiene, addirittura, che ce ne siano 2,5 milioni sul territorio nazionale.

 

Le cause

Negli ultimi anni in Italia è aumentata la superficie di aree forestate. Si tratta di quasi 2 milioni di ettari in più rispetto al 1990. L’innalzamento delle temperature ha reso gli inverni più miti. Ciò crea un habitat ideale per le cucciolate. Inoltre, il maggior numero di cinghiali non è stato compensato dall’aumento dei predatori naturali, come l’orso e il lupo. Anzi, il numero di questi si è drasticamente ridotto.

L’uomo, poi, ha fatto la sua parte. Negli scorsi decenni, per favorire il settore della caccia, sono state introdotti animali provenienti dall’Europa dell’Est, molto più grandi, voraci e prolifici. Questi hanno progressivamente preso il sopravvento sui cinghiali italiani. Anche se questa pratica è vietata dalla legge, ormai il danno è fatto.

La caccia, oltre a non essere una soluzione, sembra aver contribuito alla riproduzione degli esemplari. I cacciatori, infatti, preferiscono abbattere i maschi, rendendo così più alto il numero delle femmine. Alcuni, addirittura, provvedono al foraggiamento artificiale degli animali durante la stagione invernale.

 

Le responsabilità

Negli scorsi mesi, complice la campagna elettorale per le amministrative, si è consumata una querelle tra Roma Capitale e Regione Lazio.

Il Comune sosteneva che la presenza massiccia dei cinghiali in città fosse colpa della Regione che non ha attuato gli efficaci piani di gestione previsti dall’articolo 19 della legge 157/92. Stando alla norma, sono le Regioni che devono provvedere al controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone dove è vietata la caccia.

La Regione Lazio, dal canto suo, rispondeva che la responsabilità degli animali che si trovano fuori dai parchi ricade in capo ai Comuni. È dovere degli amministratori locali, quindi, provvedere al contenimento della presenza degli animali sulle strade e sul territorio comunale per salvaguardare l’incolumità dei cittadini.

Lo dice la l’art.72 della legge regionale 14/2021, approvata lo scorso agosto. Questa norma, di fatto, scarica tutta la responsabilità degli interventi sulle province e sui comuni.

Per il passato, però, sembra aver ragione il Comune di Roma.

 

La giurisprudenza

Non la pensano così i giudici. Il Giudice di Pace di Cassino, con una sentenza del 1° luglio 2021, ha sancito che a risarcire i danni provocati dagli animali selvatici provvede la Regione. I fatti in esame riguardavano un incidente stradale avvenuto nel 2017. Questa decisione non è però una novità. Già la Cassazione, ad aprile 2020, aveva chiarito che, a norma dell’art. 2052 c.c., la legittimazione passiva per il risarcimento dei danni appartiene, in via esclusiva, alla Regione. Questa, infatti, è titolare della competenza normativa in materia di patrimonio faunistico, come anche delle funzioni amministrative di programmazione, di coordinamento e di controllo delle attività di tutela e gestione della fauna selvatica, anche se svolte, per delega o in base a poteri di cui sono direttamente titolari, da ulteriori enti.

 

 

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