I posti a sedere sono esauriti, le persone aspettano in piedi, riempiendo ogni spazio della sala consiliare del Comune di Monterotondo. Nicola Gratteri entra quasi di corsa, accompagnato dagli uomini della scorta. Una scorta che lo segue dal 1989, da 35 anni.
L’evento, organizzato dalla Libreria Ubik per sabato 5 ottobre, sarebbe per la presentazione dell’ultimo libro del Procuratore di Napoli, “Il grifone”, scritto insieme ad Antonio Nicaso e pubblicato dalla Mondadori. In realtà è stato molto di più. E’ stata una lezione di antimafia, con uno sguardo al presente, al futuro, ma soprattutto al passato. Quello della Calabria, ad esempio, dove Gratteri è nato e cresciuto, la stessa terra di Italo Arcuri, giornalista ed editore, che parte proprio da lì, dal Gratteri bambino, da quella punta di stivale tra mar Tirreno e mar Ionio. “Il posto dove si è nati è sempre il posto più bello. E certo che mi manca. Dal 1989 non ho più libertà fisica, ma ho una grande libertà mentale. Quando ero piccolo mi salvarono le regole, imposte soprattutto da mia madre. Mi salvò la voglia di cambiare qualcosa”.
L’importanza delle regole, soprattutto quelle dei genitori. La lotta alla mafia, per Nicola Gratteri deve partire da qui: “Abbiamo bisogno di genitori meno egoisti, che siano meno amici dei figli, che non dicano sempre di sì, che sappiano far aspettare”. Poi l’attenzione si sposta sul mondo della scuola, un mondo che il Procuratore conosce bene, girando gli istituti di tutta Italia: “Proprio stamattina ero in una scuola media della periferia di Napoli. Abbiamo parlato di droga, ho chiesto a un ragazzo, seconda media, a quanto la comprava. Cinque euro, mi ha risposto. La scuola è il luogo in cui intervenire. Abbiamo bisogno di più docenti, soprattutto meglio pagati, avremmo bisogno di scuola a tempo pieno ovunque. Ai tanti referenti per la legalità nelle scuole dico che se per quest’anno non verrà nessun grande nome dell’antimafia nelle vostre classi non vi preoccupate, portate i ragazzi a parlare con le persone dei centri di recupero per tossicodipendenze, fategli toccare il dolore che hanno provato”.
Il discorso poi si sposta sull’attualità. Dal nuovo ruolo che la ‘ndrangheta sta giocando sul dark web e sui social al peso delle intercettazioni (“Il Ministro Nordio dice che costano troppo e dovremmo tornare ai pedinamenti. A Napoli spendiamo 5 milioni di euro l’anno per le intercettazioni, grazie a queste sequestriamo 350 milioni di euro di beni”), all’indagine che ha messo in luce il peso delle ndrine nelle curve di Inter e Milan (“Il calcio è pubblicità, come avveniva una volta nelle processioni di paese. Serve a farsi vedere”).
Affari, soldi, potere. Un circolo vizioso alimentato con l’obiettivo di tenere sotto controllo territori, quartieri, persone. “La mafia vuole il popolo povero – spiega ancora Gratteri – la mafia non ti dà la canna da pesce, ti dà il pesce. Ti dà il lavoro clientelare, a nero. Ti dà la dipendenza economica, che poi diventa dipendenza mentale, psicologica”.
Nonostante tutto, però, la via d’uscita c’è. Quando Italo Arcuri gli parla di pensione, Gratteri risponde sicuro: “Ho la guerra in testa”. Una guerra che si fa con idee, con impegno, con responsabilità. Con coerenza, “solo con questa possiamo sensibilizzare i giovani”.