Sabato 20 ottobre la Festa del Cinema di Roma ha ospitato la masterclass di Viggo Mortensen, un racconto della sua vita e del suo cinema. Una vita particolare, la sua, con l’infanzia vissuta tra una zona rurale del Nord dell’Argentina e Buenos Aires prima del trasferimento in Nord America.

“Mi sentivo come un gaucho”, ha rivelato, ricordando le lunghe passeggiate solitarie a cavallo. Mortensen ha spiegato quanto la natura sia rimasta una parte integrante della sua vita, un elemento che ha toccato più volte durante l’incontro. Una delle sue manie, ha detto, è notare quando nei film la vegetazione non corrisponde alla località dove la storia è ambientata. Da regista, è altrettanto attento: riesce a percepire se un attore non si sente a suo agio con gli animali, in particolare con i cavalli, pur specificando come ciò non renda automaticamente un film meno valido.

Per Mortensen, l’aderenza alla realtà e ai dettagli è fondamentale, sia nel suo lavoro da attore che da regista. Per interpretare Aragorn ne Il Signore degli Anelli, dormì al freddo per diversi giorni per capire meglio il personaggio. Emblematica è anche la scena de Le Due Torri, in cui il calcio che vediamo gli valse due fratture alle dita del piede.

Viggo Mortensen nell’iconica scena de “Il Signore degli Anelli – Le due torri”.

Le sue fasi di ricerca per entrare nei personaggi sono sempre state lunghe e solitarie. Se da attore dà un contributo all’opera, da regista ha una supervisione totale sul progetto. Per questo la ricerca per i film da lui diretti è ancora più meticolosa, e tende a circondarsi di collaboratori con la sua stessa visione lavorativa: puntualità, collaborazione e competenza. Niente telefoni – precisa dopo uno squillo in sala – e neanche sigarette.

“Quello che amo del cinema è lo sforzo collettivo. Una buona idea può venire da chiunque” sebbene si sia auto definito maniacale a più riprese, ha sottolineato quanto apprezzi il dialogo continuo con i suoi collaboratori per la buona riuscita del film.

L’incontro si è concluso con la sua riflessione sulla morte: ha raccontato che da piccolo ne era ossessionato ma che con il tempo ha imparato ad apprezzare di più il suo tempo. Per questo si dedica a tante attività – è infatti proprietario di una casa editrice e compositore dei suoi stessi film – perché sembra voler sfruttare ogni momento a sua disposizione. Sono gli “atti spontanei di gentilezza”, specie se provenienti da sconosciuti, a dargli momenti di grazia.

Ha citato Oscar Wilde: “La giovinezza è l’unica cosa che valga la pena di possedere”. Ed è proprio guardando la sua infanzia che si ritrovano alcuni tasselli dei suoi film. The Dead Don’t Hurt richiama i paesaggi rurali, i cavalli e la protagonista Vivienne, ispirata a sua madre. In Falling parla invece di suo padre e del lutto conseguente alla sua morte. Nei suoi film sembra trasmettere quella sua nostalgia degli anni in Argentina.

Viggo Mortensen ha ricevuto il premio alla carriera venerdì 18 ottobre, in concomitanza della presentazione del film The Dead Don’t Hurt (“I morti non soffrono”). 

Servizio fotografico esclusivo a cura di Giovanna Onofri.

Masterclass Viggo Mortensen
Viggo Mortensen alla Festa del Cinema di Roma 2024. Foto di Giovanna Onofri.
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