C’è modo di valorizzare la memoria in sinergia tra pubblico e privato senza sotterrare quello che dalla terra è emerso.
Questa mattina dalle 10 alle 13 in un terreno adiacente una stazione di servizio lungo la via Cassia al km 11,700 (lato destro Cassia venendo da Roma – all’altezza di via Iginio Lega), è stato aperto alla cittadinanza un sito archeologico rinvenuto durante gli scavi preventivi propedeutici all’apertura di un cantiere.
Lo scavo, come racconta il comunicato della Soprintendenza Speciale di Roma, è avvenuto tra il 2020 e il 2022 e ha interessato un’area di circa un ettaro. Durante i lavori sono emerse le tracce di una lunga frequentazione del sito risalente al VII-VI secolo a.C.
Il raro kantharos dalle anse traforate
È stata rinvenuta una ricca tomba a camera di epoca etrusca con un raffinato corredo funebre composto da 60 vasi in bucchero, già restaurati, tra cui un bellissimo e raro kantharos dalle anse traforate. Un sito strategico come testimoniato dai resti di diverse strade, tra cui una via basolata risalente alla prima epoca imperiale oggi valorizzata.
In epoca tardo repubblicana qui si sviluppò un importante centro produttivo che nella prima età imperiale venne ampliato con un’ala residenziale. Successivamente, in prossimità dell’incrocio della via basolata con la Cassia si sviluppò una stazione di posta, una mansio e un impianto termale di cui resta una rete di gallerie ipogee che servivano ad alimentarlo.
Una mansio come quello rinvenuto a Capena sulla Via Tiberina con corredo di laghetti e che si è scelto di rimettere sotto metri di terra. Accade quando le comunità perdono il valore della bella battaglia e si accodano invece alla rassegnazione cioè alla resa.
Creato un percorso di grande suggestione
Sulla via Cassia le cose sono andate diversamente. Grazie a un intervento di collaborazione pubblico-privato il sito è stato salvato creando un ambiente di grande suggestione con la realizzazione di un percorso pedonale all’interno di una stazione di servizio che si snoda tra la tomba a camera etrusca, la strada lastricata e l’accesso alla rete di gallerie idriche sotterranee. All’interno della stazione di servizio è possibile vedere un video che racconta lo scavo archeologico realizzato con la Eos Arc con la committenza di Rossetti Fuel srl.
«La Soprintendenza non si occupa solo del centro storico e di grandi di complessi archeologici – secondo Daniela Porro, Soprintendente Speciale di Roma – ma tutela e valorizza anche le scoperte archeologiche in zone più decentrate mantenendole nel loro contesto urbano e in costante relazione con la vita degli abitanti della zona, che possono fruirne liberamente. In questo modo, i ritrovamenti arricchiscono la città e allo stesso tempo restituiscono ai cittadini la loro storia sviluppandone il senso di appartenenza e il legame con il territorio».
Il sito affacciato sulla Valle di Veio
Domenica 17 novembre tutto il processo di scavo, di ricerca e infine di valorizzazione, curato nel corso del tempo dagli archeologi della Soprintendenza Speciale che si sono succeduti, Marina Piranomonte, Roberto Narducci e Barbara Porcari con l’assistente archeologa Barbara Ciarrocchi, è stato restituito ai cittadini grazie all’open day. Così sarà possibile scoprire la storia di quest’area strategica, che offre una vista sulla vallata dell’antica città di Veio, nel cuore dell’Etruria meridionale. Quella Veio che era tutt’uno con il territorio Capenate.
Il cinturone di bronzo del V secolo a.c
A Capena intanto la locale sezione del Gar (Gruppo archeologico romano) proprio nei giorni scorsi ha donato alla piccola collezione archeologica esposta nell’aula Consiliare del Comune di Capena un cinturone in bronzo di produzione italica databile al V sec. a. C. ed in stato di conservazione integro. Alto 8 cm, lungo 34 cm e largo 19 cm realizzato con la tecnica a sbalzo ed incisione. Deriva dalla donazione di un privato ed è costituito da una fascia rettangolare flessibile di lamina di bronzo caratterizzata dalla presenza, lungo il bordo, di una serie di forellini per il fissaggio del rivestimento interno, solitamente in materiale organico come cuoio o stoffa cucita o fermata mediante bulloncini. Ad una estremità sono fissati due ganci di chiusura con costolatura sbalzata di rinforzo. Conserva ancora, come spiega una nota del Gar, i tre rivetti di fissaggio, due posti nei fori simmetrici alla base della palmetta e il terzo all’apice della foglia centrale. Il cinturone era un elemento importante nelle popolazioni italiche legato infatti non solo alla sfera militare, ma inteso anche come simbolo di status o rango sociale ed in connessione ai riti di pubertà.