Il 26 aprile di 33 anni fa, era il 1986, il reattore 4 della centrale nucleare di Chernobyl esplose. In piena notte durante degli accertamenti tecnici sull’impianto di raffreddamento del reattore, un incidente di livello 7, considerato il massimo nella scala internazionale degli eventi nucleari, l’esplosione liberò nell’aria una nube radioattiva che si diffuse in gran parte dell’Europa. Non esistono delle stime precise sul numero delle vittime, sicuramente molti operatori della sicurezza, ingegneri e tecnici. Alcuni abitanti decisero di non andarsene ma la stragrande maggioranza abbandonò la cittadina e anche le zone limitrofe.
Aria e terra furono pesantemente contaminati, oltre alle morti immediate provocate direttamente dall’esplosione la contaminazione dalle radiazioni fece crescere il numero di tumori. Fino al 2016 una sorta di contenitore isolava la zona da altre eventuali radiazioni, la cupola di protezione fu costruita dai cosiddetti “liquidatori” 600 uomini circa che lavorarono nell’anno successivo alla costruzione di questo sarcofago. Nel 2016 è stato sostituito da uno nuovo affinché fosse impedita una nuova fuoriuscita di materiale radioattivo.
Abbiamo raggiunto telefonicamente la signora Natalya ucraina che oggi vive a Milano all’epoca del disastro aveva anni 24 anni e aspettava una bimba:” Del giorno dell’esplosione non sapevamo niente perché il governo ce l’ha tenuto nascosto. Ce lo dissero a maggio, dopo la festa dell’ 1 maggio. Ci sono tanti tumori nel nostro Paese. È vero che dipende tutto dalla singola persona e dalla genetica. Tanti che lavoravano lì non ci sono più, dipende da molti fattori: dove stavano e a quante radiazioni si sono sottoposti. Il marito di una mia amica malata di tumore si trovava lì e ha allergia e asma, anche la figlia nata 5 anni dopo ha allergia e difese immunitarie deboli. Però conosco anche una famiglia evacuata da lì con 2 figlie, stanno bene tutti. Non sapevamo che non potevamo mangiare verdure, latte e altri prodotti non ci è stato detto, neanche del pericolo alla salute. Tanti andavano lì a lavorare, perché erano pagati bene. Ora ricordano tutti anni l’incidente. Chi lavorava lì e loro figli (fino 18 anni) prendono una piccola pensione. I tumori ci sono tanti, anche tra i bambini, la vita non è lunga.”
Oggi dopo tanti anni di distanza la natura si sta riappropriando di tutta la zona, Chernobyl e le cittadine limitrofe come Prypjat sono disabitate, città fantasma. Mentre flora e fauna sembrano prosperare, gli edifici sono inglobati sotto una fitta vegetazione e gli animali proliferano animali di tutte le specie lupi, cinghiali, alci a dimostrazione che la natura è più forte dell’uomo. Forse complici anche alcune serie tv sulla catastrofe nucleare più disastrosa che ci sia mai stata, vengono organizzati dei tour didattici per visitare le rovine del sito ormai dismesso ma non è esattamente ancora privo di pericolo, infatti il perimetro di 300 metri intorno al reattore non è valicabile, la visita è circoscritta e della durata di un giorno. L’uomo dovrebbe aver imparato da questo incidente a non sfidare la tecnologia.