A cura di Francesca Bonanni
Direttore d’orchestra e compositore, Gabriele Ciampi classe 1976 è il giovane maestro che si è esibito alla Casa Bianca su invito di Michelle Obama, che ha composto per Papa Francesco “Preludio per due violoncelli”, unico italiano nella giuria dei Grammy Awards 2018 a New York. Insignito con la medaglia Eccellenza Italiana dal Senato della Repubblica Italiana e la Green Card per Extraordinary Ability dal Governo Americano. Insomma un talento nostrano molto apprezzato anche all’estero, ma non è solo questo. Gabriele Ciampi è un compositore moderno con le idee molto chiare, il suo ultimo progetto Hybrid fonde sonorità classiche a sonorità contemporanee. Come direttore d’orchestra crede fermamente che la sensibilità femminile nella “bacchetta” regali emozioni diverse ed intense. Per questo motivo a Milano al Teatro Dal Verme il primo brano dei Pomeriggi musicali è stato eseguito da un direttore donna. Lo stesso esperimento si ripeterà per il tradizionale Concerto di Capodanno del 1 gennaio, a Roma all’Auditorium Parco della Musica, Gabriele Ciampi ha deciso che si aprirà con una donna sul podio, Carolina Leon.
Abbiamo incontrato il maestro per capire meglio le sue idee sulla musica, sulla femminilità sul podio e sui suoi futuri progetti.
Maestro ci spiega perché il titolo “Hybrid”?
E’ un discorso di contaminazione. E’ un progetto, dal disco al live, che si basa proprio sulle contaminazioni, trovare e prendere elementi comuni tra generi diversi. Difficile ma non impossibile. Centinaia di anni fa esisteva solo la musica classica oggi abbiamo oltre 200 generi diversi, un panorama incredibile. Il lavoro di un compositore è proprio quello di ricercare, per questo la mia è una continua ricerca nel voler creare qualcosa d’interessante. Non si può più inventare niente, si possono fare degli esperimenti più o meno interessanti. Abbiamo rischiato con questo progetto, prendendo degli elementi del pop ovvero una voce e degli elementi dell’hip hop. Quest’ultimo ad esempio è un genere che risale agli anni ‘90 che ho dovuto studiare molto, perché non ho quella formazione, sono rimasto affascinato nel modo in cui i suoni elettronici vengono incastrati all’interno del brano. Ho fatto questo esperimento provando a sostituire quei suoni elettronici con strumenti d’orchestra tradizionale e da lì il titolo del brano Hybrid che è anche il titolo del cd. E’ un percorso che parte dal classico ed arriva ad Hybrid in cui si sente quest’unione della scrittura sinfonica ad un beat tipico dell’hip pop anni ’90.
Questa contaminazione è un tentativo di avvicinare i giovani al suo mondo musicale?
Abbiamo questo concetto della musica classica come elitaria, in realtà la musica classica era la musica del popolo. Più che avvicinare i giovani a me, vorrei avvicinarmi io a loro. C’è questa voglia di tornare all’hip pop. La mia è una provocazione. Bisogna far conoscere ai ragazzi giovani di adesso qual è l’hip hop vero quello che era cultura, la cultura cosiddetta di strada che è in realtà un modo di vivere che ha rivoluzionato tutto.
Parliamo dell’hip hop degli anni ‘90 un momento storico di grandi proteste per i diritti civili e l’hip hop ha lasciato un segno anche dal punto di vista sociale. Musicalmente è stato un punto di rottura e ci sono dei suoni ancora attuali dopo 30 anni.
Così giovane si è esibito alla Casa Bianca e dal Santo Padre, unico italiano anche nella giuria dei Grammy, cosa desidera ancora per il suo futuro? E quali sono state le emozioni che ha provato in questi incontri?
Le emozioni sono state particolari. Stare di fronte alla First Lady ed il Presidente è una gioia indescrivibile, pensare che hanno scelto un italiano, prima ancora di pensare che hanno scelto me, ci fa capire quanto siamo forti! Con il Santo Padre invece, essendo io cattolico, è stato il momento più toccante della mia attività, sia per le frasi di incoraggiamento che per l’abbraccio che c’è stato.
Per quanto riguarda invece il futuro, ritengo che sia questo: il disco è un punto di partenza, il futuro è cercare di collaborare con artisti nei diversi generi, creare qualcosa di interessante e far capire che ci può essere coesione tra mondi apparentemente opposti.
Ha dimostrato una particolare sensibilità per i direttori d’orchestra donna, con un gesto di grande generosità. Com’è possibile interrompere questa tradizione maschilista?
Anche questo è stato un primo esperimento. Il mio sogno è quello di riuscire a vedere in futuro durante un concerto di musica classica l’alternarsi di direttori sul podio, magari un uomo e una donna, che dialogano. Il direttore è la mano, non suona, ma è lo strumento che è in mezzo a chi esegue la musica e rende vivo il brano, dobbiamo trasmettere questo messaggio. La mia sensibilità è sicuramente diversa da quella di una donna direttore. E’ nato tutto per gioco, eravamo in studio io e Carolina León Páez, lei ha diretto l’Adagio e ha fatto delle cose che erano diverse da quelle che io avevo in mente, mi ha colpito quella sensibilità e quella creatività diverse. Da lì è nata l’idea di darle la possibilità di esibirsi anche sul podio. A volte la bacchetta si cede malvolentieri all’interno dello stesso concerto, invece è affascinante sentire due mani diverse ed è anche un bel segnale. All’estero dalla Germania, all’Austria dovrebbero arrivare segnali di apertura invece ancora oggi il Concerto di Capodanno è sempre diretto da un uomo.
La sua esperienza di vita all’estero (Los Angeles) in che modo ha influenzato la sua arte?
Parte tutto dal fatto che Los Angeles è una città talmente grande che capita di sederti a cena con quattro persone provenienti da paesi diversi, quindi devi trovare dei punti in comune, questo sforzo continuo ti porta ad un’apertura mentale incredibile. Questa apertura mentale la trascini nella musica quindi sei aperto alla collaborazione tra diversi generi. Insomma ha influito tantissimo.
Innovatore e rivoluzionario. I suoi successi dimostrano che la gente apprezza la sua musica ma riuscirà a trascinare anche il mondo accademico?
Io non vedo questa competizione. Non sono nelle vesti di Toscanini come direttore ne nelle vesti di Beethoven come compositore, io sono un compositore moderno che prova a parlare con la musica, pertanto non ci trovo questa ostilità. C’è sempre questa chiusura del mondo accademico verso le novità, ben vengano Mozart e Beethoven, noi facciamo altro. Ho la passione per la musica classica e lo studio, ma non si devono fare paragoni. Milano che è il tempio della musica classica ci ha invitati.
I giovani da sempre sono affamati di musica per trovare una loro identità, con questa commistione di generi cosa intende comunicare loro?
Intanto vorrei dire loro di studiare, si studia sempre troppo poco. Solo attraverso lo studio si può sperimentare. Io ho dovuto studiare tanto l’hip hop per capire quella cultura, per capire quei brani, così sono riuscito ad unire alcuni elementi dell’hip hop alla musica classica. La chiave di tutto è lo studio nelle scuole, nelle accademie, nei conservatori.
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