Ora che abbiamo ascoltato tutti i dati dell’epidemia e fatto il quotidiano carico di ansia, voltiamo pagina. Il Nuovo vi propone la storia di Assunta, ha 93 anni scrive versi e ricama la memoria. Voltiamo pagina.
Assunta scrive e racconta la sua terra
Assunta ha 93 anni, da 40 scrive e racconta la sua terra e le sue strade restituendo traccia fresca di rumori, odori, facce. Negli anni precedenti l’inizio della storia che continua a scrivere e declamare, Assunta realizzava grandi quadri di merletto. Una gestualità antica che riempiva le mattine d’estate al riparo della tenda, sulla porta di casa, o i pomeriggi d’inverno accanto alla stufa a legna con il sottofondo del bollitore d’acqua ed il soffio leggero del fuoco nel camino. Pochi lo sanno ma lei è la custode dell’archivio di storie altrimenti perse. Lei le ferma su carta.
Custode delle storie perse
Assunta vive a Capena, da sola, ma è accudita e coccolata costantemente da figli, nipoti e bisnipoti, una grande famiglia che non ricorre a badanti. Manca all’appello solo il suo Nando, l’amore di tutta la vita, grande e taciturno lavoratore, cacciatore e comunista. Ogni domenica aspettavano con ansia che gli consegnassero l’Unità, momento essenziale per capire la direzione del mondo e coltivare la coscienza di classe. “Ho sempre qui accanto la poesia che ho scritto per lui” racconta Assunta il giorno bigio di dicembre in cui l’abbiamo incontrata, il blocco dei fogli scritti a mano, contenta di raccontare. E’ la dimensione che più le appartiene Le appartiene il canto, il racconto orale, la tessitura continua della memoria, la cura della sua storia per trasmetterla, intimamente convinta che solo così vive tutto e non si è mai soli.
Le chiacchiere dopo cena
“Pietruccio, mio padre – ricorda Assunta – la sera raccontava a noi figli, ma anche ai vicini che venivano a fare due chiacchiere dopo cena, grandi storie antiche, storie di dame e cavalieri, di predoni e streghe e principesse. Ne ho un ricordo vivo e bellissimo. Si rideva tanto, papà raccontava, mimava e noi si guardava stupiti e incantati quello spettacolo meraviglioso”. Assunta ha avuto tre figli maschi ma crede nel ruolo fondamentale, quasi sacro, delle donne. A loro spetta il compito di raccogliere e trasmettere la vita e dunque la memoria. Cosi quando è nata la prima dei suoi tanti nipoti ha iniziato a scrivere e non ha smesso più. Ha fissato in rima baciata ogni evento, ogni nascita, ma anche ogni matrimonio e festa. Ha dato anima alle strade, ai muri, ai negozi del suo paese. Molte di quelle sue poesie scritte a mano in una grafia bella e antica le ha regalate.
Il grande canto
Nel grande canto del 10 febbraio 1980 “Dedicato all’antica Leprignano, oggi Capena”, Assunta fa rivivere un paese intero. E’ la “Via dei Canti” e delle vite che hanno attraversato queste colline. Il cuore di tutto è la “Dolce fontana della fanciullezza”, quella di Portanova, immortalata nel finale del film “Totò a colori”. Sette pagine che partono dal Bar di Antonia, il bar della gioventù, passano attraverso la terra di Gelmira, Nicola e Tarquinio Sacripanti, ed arrivano alle catene di S. Antonio, zona protetta oltre la quale non si poteva essere arrestati. “Mio nonno – racconta ancora Assunta – trovandosi in questa zona come soldato, disertò e scese dal treno per andare a trovare nonna. Qualcuno fece la spia e lui superò le catene per mettersi in salvo“. E poi il percorso delle cantine, il negozio di carbone e varecchina, quello di Alvito il sarto, ma anche la trattoria della Sora Amelia, l’alimentari piccolino, Giggio er calzolaio, il forno di Peppinella, sua madre, e quell’odore di pane sparso per la via. Il bar del “Sor Domenico Guzzini” che tostava il caffe “con un girino a mano sopra il carbone defora al suo bar”. E la storia di cavalieri, assedi e singolar tenzoni riprende il sopravvento.
Tornano le storie di cavalieri e banditi
“Il borgo di Leprignano sotto assedio nel 1585 ad opera del Duca Piccolomini – scrive Assunta – viene soccorso dal Duca Orsini di Morlupo che manda viveri con i muli guidati per segreti sentieri da Acapito il Perugino e Desiderio di Sacrofano“. Mi vede incredulo Assunta e allora aggiunge “E’ storia vera, che ti credi! E riprende a raccontare come faceva Pietruccio. Muove le dita al ritmo delle parole, fissa i volti, non li fa andare via. Ricama la memoria.