Dal 23 novembre arriva nelle sale il nuovo film diretto e prodotto da Luca Guadagnino. È un’opera che lascia a bocca aperta quella del regista italiano, il cui eccelso lavoro lo ha condotto alla vittoria del Leone d’argento a Venezia 79, dove il film è stato presentato.
La pellicola risulta un’ottima messa in scena dell’omonimo romanzo di Camille De Angelis da cui ne è tratta. Ciò è possibile perché, grazie ad un ottimo utilizzo della fotografia, nel film si restituisce la stessa attenzione al dettaglio che la scrittrice statunitense ha adottato tra le righe.
Di fatto, l’interesse per i particolari fa di Guadagnino, ancora una volta dopo Call me by your name, un osservatore attento e, allo stesso tempo, un comune essere umano smanioso di dire qualcosa al suo pubblico.
Ha da sempre avuto -afferma il regista- un coinvolgimento inconsueto, quasi un’attrazione, nei confronti degli “outsider”: persone che vivono ai margini di una società che sembrerebbe non aver nulla da offrirgli.
Così definisce, egli stesso, i due protagonisti della sua pellicola novizia: Maren e Lee.
La prima, interpretata dalla giovane e talentuosa Taylor Russell, è apparentemente una comune adolescente come le sue compagne: va a scuola, prende lezioni di guida ed ama leggere.
Essa però, al contrario delle sue coetanee, deve fare i conti con una realtà ben differente e difficile da accettare: il cannibalismo.
Tantomeno semplice sarà ricostruire i vari pezzi del suo passato e, per farlo, imprescindibile saranno la compagnia ed il sostegno di Lee, interpretato dalla bravura di Timothée Chalamet.
Insieme, i due, intraprenderanno un viaggio, non senza difficoltà, nelle pianure del Midwest degli anni ‘80, volto alla ricerca di risposte alle loro domande e, soprattutto, alla scoperta di se stessi. Scelta che il regista palermitano ha giustificato affermando che è proprio a questo paesaggio che egli deve gran parte della sua formazione.
Da rimarcare, un magistrale Mark Rylance nel ruolo di Sullivan, una sorta di villain che, come un’ombra, tormenterà, fino alla fine, i due giovani amanti. Da sempre dedicatosi al teatro con sua moglie, l’attore, vincitore di un premio oscar nel 2016, ha saputo calarsi nel personaggio in maniera iconica, tanto da essersi meritato la candidatura ai Gotham Awards.
Intenso, a tratti disturbante, ma dal significato profondo, Bones and All, è riuscito nell’intento di portare sullo schermo il tema dell’amore come difficilmente era stato fatto prima d’ora. Un film da non perdere, che porta con sé la contraddizione di essere un horror e, allo stesso tempo, di saper propagare una delicatezza che, d’altronde, due adolescenti così vulnerabili, non potrebbero che trasmettere.