Erbacce, cestini della spazzatura stracolmi e un senso di generale trascuratezza: questo si percepisce passeggiando nei cimiteri di alcuni paesi a nord di Roma.

Parliamo di aree molto frequentate, con persone che vi si recano più volte alla settimana per avere qualche momento di raccoglimento vicino alla tomba dei propri cari.

I cimiteri che abbiamo visitato per questo articolo risentono di un’evidente mancanza di cura che doni loro decoro e pulizia.

Un esempio di quanto detto finora potrebbe essere il cimitero del piccolo e splendido borgo di Civitella San Paolo

Se la parte iniziale del muro di cinta avrebbe bisogno di un energico intervento di restauro, è dentro il cimitero che i problemi diventano più evidenti: la spazzatura accumulata in cestini stracolmi accoglie i visitatori, in uno stato di generale incuria che potrebbe essere cancellato con un poco di impegno in più.

Questo pare evidente nella parte finale del sito, dove l’erba alta è stata tagliata solo a ridosso dei loculi, con un frettoloso passaggio di decespugliatore che lascia il prato incolto per metri. Il minimo indispensabile, insomma, con grande rammarico si chi si ritrova davanti agli occhi questo lampante esempio di intervento sbrigativo e approssimativo.


Situazione peggiore a Sant’Oreste, paese situato su un basso crinale del monte Soratte.

Il cimitero, con il suo aspetto decadente e suggestivo, si snoda tra piccole salite e discese, assecondando la struttura del territorio su cui sorge.

Passaggi ripidi, scivolosi ma soprattutto dissestati, sui quali è incerta la camminata dei frequentatori. Buche e avvallamenti si susseguono per metri, rendendo il sito assolutamente pericoloso per le persone più anziane.

In questo cimitero appare più evidente la necessità di interventi strutturali importanti che riportino, oltre al decoro, anche la possibilità di una permanenza più sicura per tutti coloro che sono soliti frequentarlo. E, se l’occhio vuole la sua parte, non si può sorvolare sul senso di profondo degrado che traspare dalla zona più recente del cimitero. Le pareti scalcinate sono in assoluto contrasto con la bellezza profonda che potrebbe trasmettere la parte più antica del sito, se solo fosse curata con maggiore attenzione.


Come ultimo esempio proponiamo il cimitero di Nazzano, piccolissimo comune della Valle del Tevere.

Un ingresso estremamente curato accoglie i visitatori, con la facciata perfettamente pitturata e due aiuole ai margini del cancello a fare da preludio a quello che, ci aspettiamo, sia un cimitero pulito e decoroso.

È sempre rischioso, però, giudicare un libro dalla copertina e il cimitero di Nazzano ce lo ricorda con veemenza.

Percorsi pochi metri lungo il viale principale, è inevitabile inciampare lungo la sciagurata pavimenazione che riveste il terreno: ciottoli sollevati, divelti, pericolosi e talvolta mancanti.

Un lastricato infelice e maltenuto che ci accompagna fino alla parte posteriore del cimitero, dove veniamo accolti dal muro di cinta della zona più lontana dall’entrata: un muraglione lasciato allo stato rudimentale da anni, in netto contrasto con il lustro ingresso che si vede dalla strada principale.

Una signora, in visita alla cappella di famiglia, ci esprime il suo profondo rammarico con sobria compostezza: “Più volte mi sono recata in comune per sensibilizzare gli amministratori sulle problematiche del cimitero. Questo dovrebbe essere un luogo di pace e, per me che vengo quasi ogni giorno in visita ai miei parenti, è un colpo al cuore l’incuria in cui versa. A quanto pare sono l’unica a lamentarmi della situazione, anche se mi sembra inverosimile”.

La signora, con la sua presenza, ci ricorda una verità incontrovertibile nella sua semplicità: i cimiteri sono per i vivi, per chi li frequenta. Recarsi al cimitero è per molte persone una necessità profonda e ineluttabile, un passaggio quasi obbligatorio nell’elaborazione del lutto. Aiuta a mantenere vivo il ricordo e il legame con chi ci ha lasciati, a scendere a compromessi con il devastante dolore della perdita.

I cimiteri, se vogliamo, sono un ultimo modo per accettare l’assenza di chi non c’è più.

Non è per i morti che bisogna curarli, tenerli puliti e praticabili, ma per coloro che ancora vivono nonostante tutto.

Ugo Foscolo, d’altronde, superando la concezione materialistica della sua poetica, disse che il culto dei morti e la loro sepoltura sono il primo segno della civiltà umana.

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