Roma tace, le lapidi parlano.
Tra le fronde degli alberi svetta una piramide e il sole d’agosto riflette sulle sculture di marmo.
Prima di varcare il cancello l’odore di spazzatura è davvero pungente, in questa capitale un po’ dimenticata da dio.
Dentro il Cimitero Acattolico, però, la quiete avvolge i visitatori e i viali ombreggiati parlano lingue straniere.
Emilio Lussu ci accoglie all’ingresso, sussurrando in sardo racconti di partigiani e di resistenza.
Ci vuole poco per capire che questo cimitero, nel cuore di Testaccio, non è solo un luogo di riposo ma anche meta di pellegrinaggio per curiosi e appassionati.
Incontriamo un cartello che sembra messo lì apposta per ricordarcelo: “Gramsci”, con una freccia che indica il percorso per giungere da lui.
Mentre camminiamo, lasciamo che il nostro sguardo accarezzi i nomi stranieri sulle altre tombe. Scrittori, poeti, artisti: tutti coloro che non potevano essere sepolti in terra consacrata si trovano qui, in un piccolo lembo di Roma riservato a chi non era di religione cattolica. Piccolissimo, se paragonato a cimiteri grandi come il Verano. E proprio per le sue dimensioni raccolte sarà facile visitarlo con calma, lasciandosi trasportare dalle suggestioni del luogo.
Troveremo la tomba di P.B. Shelley, giovane poeta che amava il vento e il mare.
Un’ anima inquieta che scrutava gli orizzonti e li raccontava con eleganza, anche quando erano cupi e selvaggi. Anche quando gli altri si sarebbero voltati a guardare altrove.
Trovava pace solo al cospetto della natura e della sua incommensurabile bellezza. Alle sue leggi dovette piegarsi, perdendo la vita tra le onde del mare in burrasca. Per questo motivo, la sua lapide reca scolpita un’epigrafe tratta da “La Tempesta” di Shakespeare.
John Keats giace poco lontano e bisognerà prestare attenzione per poterlo trovare: sulla sua tomba non una data, neanche il nome.
“Here lies the one whose name was writ in the water”.
Qui giace colui il cui nome fu scritto nell’acqua. Un triste epitaffio, per un giovane poeta convinto che le sue parole, i suoi versi, sarebbero svaniti dalla memoria dei posteri. Invece Keats è ancora lì, con le sue poesie e i suoi ammiratori. Riposa nella parte più antica del cimitero, in un prato verde illuminato dal sole.
Sarà impossibile evitare un sorriso, quando ci troveremo al cospetto di Andrea Camilleri. A fianco della sua sepoltura c’è infatti un grande vaso pieno di sigarette, omaggio di chi si reca a trovarlo. E c’è addirittura chi si ferma lì giusto il tempo di fumarsene una con lui, che da grande tabagista quale era, avrebbe sicuramente apprezzato il pensiero.
Angeli tristi, volti scolpiti, decori levigati dalle piogge e dal vento.
Profuma di antico questo cimitero. Le voci, anche le più sconosciute, ci parlano. Storie di cui a qualcuno è importato, racconti che trapelano dagli epitaffi.
Una cantilena pacata, questa Spoon River romana.
Arriviamo sulla tomba di Gramsci, al punto più estremo sulla destra del cimitero. E molto potremmo raccontare di lui, se non fossimo seduti al suo fianco a strappare le erbacce che salgono lungo la lapide.
Agosto sta finendo, arriveranno giornate più miti.
Vale la pena visitare il cimitero Acattolico di Roma, con la piramide che svetta tra le fronde degli alberi. Fosse anche solo per ascoltare le voci che, tra un paio di mesi, saranno sommerse dalle foglie autunnali che inizieranno a cadere.
Quelle stesse voci che, da sottoterra, sembrano sussurrare ancora “Prestami orecchio”.