di Maria Vittoria Massarin

Quella che ci apprestiamo a salutare è stata indubbiamente una calda estate. Una delle più calde degli ultimi anni probabilmente. E forse i pendolari della Roma-Viterbo sono riusciti meglio di chiunque altro a toccarlo con mano.

La loro travagliata estate inizia il primo luglio, quando 25 treni extraurbani svaniscono dalla tabella degli orari. I più fiduciosi potrebbero pensare ad un errore, ad una malcapitata svista dell’incaricato all’impaginazione, eppure così non è. I treni mancanti sono stati soppressi. Andando per ordine però, cosa ha comportato questa drastica riduzione? Al banco degli imputati siede sicuramente in prima fila il Decreto Sicurezza, varato dopo la tragedia ferroviaria di Andria del 12 luglio 2016, dove a causa dello scontro fra due treni 23 persone persero la vita ed i feriti furono quasi il doppio. I provvedimenti che il Governo italiano emanò in quel periodo ebbero come conseguenza principale l’estensione della competenza dell’Agenzia Nazionale per la Sicurezza Ferroviaria (ANSF) anche alle reti regionali non interconnesse. Entro 2 anni dal 16 ottobre 2017, data dell’entrata in vigore del Decreto-Legge, ANSF avrebbe dovuto sostituire l’Ufficio Speciale Trasporti a Impianti Fissi entrando così in vigore il suo regolamento, molto più duro rispetto al precedente per quanto riguarda la gestione degli impianti ferroviari. La data di scadenza per tutte le ferrovie di Atac era il 1° luglio 2019, che spiega il brusco taglio agli extraurbani, vitali per i pendolari. Accanto al Decreto Sicurezza però siedono altri due imputati ugualmente colpevoli: la Regione Lazio e l’Atac. Come ha dichiarato uno dei fondatori del Comitato Pendolari Roma-Viterbo a RomaPolitica.it, ”la gestione del tratto ferroviario […] doveva essere nuovamente assegnata ad Atac per ulteriori 18 mesi ma questa è stata solamente l’ultima delle tante promesse non mantenute dalla Regione. Quest’ultima, infatti, ci promette da più di due anni una riorganizzazione totale dell’intera gestione e ci ha sempre assicurato che, prima dell’entrata in vigore del Decreto Sicurezza, le cose si sarebbero decise e sistemate”. Anche se poi precisa che per loro “la responsabilità è senza dubbio della Regione, proprietaria della tratta”. Con la riapertura delle scuole alle porte e l’elevato numero di lavoratori che quotidianamente contano sul servizio per andare e tornare dal lavoro è impensabile non avere a disposizione così tanti treni.

Il 3 luglio 2019 viene convocata una riunione urgente presso gli uffici regionali con Atac, Regione e comitati della triplice intesa: Roma nord, Roma-Lido e Roma Giardinetti). Per protesta il Comitato Pendolari Ferrovia Roma Nord decide di non partecipare, ma grazie ad una solida amicizia con i comitati della triplice intesa fanno comunque arrivare in Regione il loro punto di vista. Il risultato della riunione è una mera strategia di mitigazione degli animi, l’accordo con Cotral e Rossibus dal 15 luglio è solo all’apparenza una soluzione congeniale. Non ci vuole molto infatti per rendersi conto che bus e treni non si equivalgono e che non è possibile chiedere ad un conducente di autobus di essere alle fermate nello stesso tempo che ci impiegherebbe un treno. Dopo questo incontro, come se non bastasse, spariscono dall’orario 4 corse extraurbane festive, sostituite anch’esse con dei bus.

 

È stata questa forse la goccia che ha fatto traboccare il vaso, e che ha fatto aprire gli occhi a molti, sindaci compresi. Il 19 agosto scorso infatti, per iniziativa di Valentina Pini, Sindaco di Sant’Oreste, è stata convocata la prima riunione aperta ai cittadini sul tema, che ha dato inizio ad un vero e proprio domino di incontri organizzati dai sindaci della nostra zona. Tutti sono stati invitati a partecipare a questa prima riunione, i cittadini, gli altri sindaci, i vari comitati e la Regione, grande assente.

In quell’occasione, il Comitato Pendolari insieme a TrasportiAmo, ha presentato una proposta di orario ben più adatta per soddisfare le esigenze dei cittadini. Tenendo ben presenti i tempi tecnici necessari fra una corsa e l’altra, la proposta è in sostanza un nuovo orario con più treni e niente navette. Per quanto riguarda la tratta extraurbana (Montebello-Civita Castellana) la richiesta sarebbe di 7 treni nella fascia fra le 4:30 e le 9:00; 7 treni fra le 17:30 e le 21.00 con l’ultimo treno che idealmente sarebbe a Civita Castellana alle 22.40; 1 treno Civita Castellana-Montebello, con partenza alle ore 9:00 circa da Civita Castellana; 1 treno Montebello-Civita Castellana, con partenza da Montebello alle ore 15.00 e 4 treni Montebello-Sant’Oreste, e viceversa, nella fascia oraria 13.00/15.00. Per la tratta Civita Castellana-Viterbo invece l’idea sarebbe di avere 10 treni Viterbo-Civita Castellana e viceversa nella fascia 5:00/9:30 e 17.00/21.30; 10 treni Viterbo-Vignanello e viceversa nella fascia oraria 9.30/17.00 e circa 10 treni Civita Castellana-Vignanello e viceversa nella fascia oraria 9.30/17.00. Per la tratta urbana invece la richiesta è di 194 treni al giorno (180 sono quelli già in programma) dalle 5.30 alle 23.45. Nel progetto dei comitati la prima partenza da Montebello sarebbe alle ore 5.40, mentre la prima da Flaminio alle ore 5.15. L’orario urbano prevede un incremento del servizio dai 180 treni programmati dall’orario in vigore ai 194 treni programmati con la presente proposta.

Il 4 settembre si è tenuto un altro incontro: l’assessore regionale ai trasporti ha convocato tutti i sindaci ai quali è stato comunicato che la Roma-Viterbo non sarà chiusa e saranno investiti tempo, soldi e lavoro per renderla più consona alle necessità dei pendolari. Il Comitato Pendolari Roma Nord però, da sempre in prima linea per difendere i diritti degli utenti, non è stato invitato all’incontro, durante il quale è stato promesso ai sindaci un nuovo orario entro il 16 settembre. Di questo orario nessuna traccia, nessuna copia ai sindaci e nessuna anticipazione sui canali social di Atac.

Alla fine di questa storia solo una cosa è certa: la Regione deve necessariamente cominciare ad includere i pendolari nelle discussioni ed ancor di più nelle decisioni, perché se chi usufruisce del servizio non ha voce in capitolo allora il servizio non potrà mai essere adeguato.

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