È morta Patrizia Cavalli. È morta una poetessa. La poetessa del quotidiano. E quando, purtroppo, succede che muore un poeta, da qualche parte, nel cielo, compare una stella.
La sua, ora, sarà quella in cui l’intensità di luce si riverbera soprattutto nei momenti in cui “addosso al viso” ci “cadono le notti e anche i giorni […] formando geografie disordinate”.
In questa “Itaca” una sua poesia, dal titolo “Adesso che il tempo è tutto mio” – tratta da “Il cielo”, in “Patrizia Cavalli, Poesie (1974-1992)”, Einaudi, Torino, 1992 – in cui la sua esistenza, il suo mondo, il suo tempo e il suo spazio, vengono fuori, così, semplicemente leggendola, verso dopo verso, è racchiuso il senso del suo fare poesia. A prova sicura di quanto forte sia l’Arte poetica.
Adesso che il tempo è tutto mio
di Patrizia Cavalli (Todi 1947 – Roma 2022)
“Adesso che il tempo sembra tutto mio
e nessuno mi chiama per il pranzo e per la cena,
adesso che posso rimanere a guardare
come si scioglie una nuvola e come si scolora,
come cammina un gatto per il tetto
nel lusso immenso di una esplorazione,
adesso che ogni giorno mi aspetta
la sconfinata lunghezza di una notte
dove non c’è richiamo e non c’è più ragione
di spogliarsi in fretta per riposare dentro
l’accecante dolcezza di un corpo che mi aspetta,
adesso che il mattino non ha mai principio
e silenzioso mi lascia ai miei progetti
a tutte le cadenze della voce, adesso
vorrei improvvisamente la prigione.
Quante tentazioni attraverso
nel percorso tra la camera
e la cucina, tra la cucina
e il cesso. Una macchia
sul muro, un pezzo di carta
caduto in terra, un bicchiere d’acqua,
un guardar dalla finestra,
ciao alla vicina,
una carezza alla gattina.
Così dimentico sempre
l’idea principale, mi perdo
per strada, mi scompongo
giorno per giorno ed è vano
tentare qualsiasi ritorno.
Addosso al viso mi cadono le notti
e anche i giorni mi cadono sul viso.
Io li vedo come si accavallano
formando geografie disordinate:
il loro peso non è sempre uguale,
a volte cadono dall’alto e fanno buche,
altre volte si appoggiano soltanto
lasciando un ricordo un po’ in penombra.
Geometra perito io li misuro
li conto e li divido
in anni e stagioni, in mesi e settimane.
Ma veramente aspetto
in segretezza di distrarmi
nella confusione perdere i calcoli,
uscire di prigione
ricevere la grazia di una nuova faccia.
É tutto così semplice,
sì, era così semplice,
è tale l’evidenza
che quasi non ci credo.
A questo serve il corpo:
mi tocchi o non mi tocchi,
mi abbracci o mi allontani.
Il resto è per i pazzi.”