Ritmi e ossessioni della quotidiana ciclicità falsamente addomesticati da un confortevole rito: aprire e/o chiudere una porta. Anche questo è Hibrys, il nuovo spettacolo di Flavia Mastrella e Antonio Rezza, che ha debuttato lo scorso 20 dicembre al Teatro Vascello di Roma e sarà in scena fino al prossimo 22 gennaio.
Hybris è lo spettacolo che racchiude e sigilla l’eclettica genialità artistica di Antonio Rezza e Flavia Mastrella. È uno spettacolo non semplice, dal ritmo incalzante e che vede Antonio Rezza in scena davvero in grande forma. Un fiume di parole e concetti che attraversano la porta che, in scena, è l’assoluta protagonista della pièce.
Piccolo intervallo etimologico: hỳbris 〈ìbris〉 s. f. – Traslitterazione del gr. ὕβρις, che significa genericam. «insolenza, tracotanza», e nella cultura greca antica è anche personificazione della prevaricazione dell’uomo contro il volere divino: è l’orgoglio che, derivato dalla propria potenza o fortuna, si manifesta con un atteggiamento di ostinata sopravvalutazione delle proprie forze, e come tale viene punito dagli dèi direttamente o attraverso la condanna delle istituzioni terrene (per es., la h. di Prometeo).
L’hýbris è un accecamento mentale che impedisce all’uomo di riconoscere i propri limiti e di commisurare le proprie forze: chi ha ambizioni troppo elevate e osa oltrepassare il confine posto dagli dei pecca di hýbris e incorre in quella che viene chiamata “invidia degli dei” (fthònos theòn); allo stesso modo chi non utilizza le proprie capacità, esce dalla sfera umana per ricadere in una ben più infima, quella bestiale.
Avvolti da un’atmosfera rossa la prima porta in scena è quella che non c’è a separare nella bara un morto e i cari che rimangono a piangerlo (forse). Si chiude una porta e si apre un portone, dice il detto. Ma che succede quando la porta si chiude per sempre? Hybris inizia così.
Poi tutto si trasforma e l’intelligenza intuitiva del pubblico viene messa alla prova seguendo i velocissimi cambi di azione e reazione di cui Antonio Rezza si fa artefice insieme alla porta che muove con sé sul palcoscenico e agli attori che lo sosterranno per la durata dell’intero spettacolo. Ciò che appare quasi immediatamente evidente è la necessità di non cercare di capire tutto per forza (tanto per quello basta andare a vedere lo spettacolo più volte, ad esempio) ma lasciarsi catturare dal flusso delle parole che avvolgono ogni gesto.
In Hybris in scena c’è il limite fra ciò che vediamo, ciò che vedono gli altri e ciò che siamo. Che senso ha lo spazio esterno rispetto allo spazio interno, quello che sta dietro una porta, precisamente?
Quando domina il silenzio le cose vanno a posto da se. Hybris è divertente, provocatorio e geniale. Non ha paura di offendere la sensibilità edipica dei presenti in sala. Attraversa gli argomenti che varcano la soglia senza alcun inciampo emotivo. Sfida chi non usa le proprie capacità ma si limita “da un alto” punto di vista a pretendere di offrire un ordine prestabilito a tutto.
Lo spettacolo, che sta riscuotendo uno strepitoso successo in ordine di critiche e di consenso del pubblico, offre lo spazio a ciascuno di confondersi fra i personaggi in scena. Di confrontarsi con gli enigmi di tipo etico e sociale che Rezza con assoluta naturalezza porta con se. Antonio Rezza è una scarica di adrenalina pura. Non si può fare a meno di essere contagiati da tutto ciò che riesce a fare in scena.
Hybris non ha bisogno di essere raccontato ma di essere visto. Perché ci costringe a pensare anche se pensi che non lo stai facendo ma, che stai solo ridendo. E quando ti accorgi che stai pensando è tardi, sei fregato. A quel punto non ti puoi tirare indietro. Al massimo puoi prendere un fischietto e scoprire cosa succede alla fine dello spettacolo.
In scena con Antonio Rezza i bravissimi Ivan Bellavista, Manolo Muoio, Chiara Perrini, Enzo Di Norscia, Antonella Rizzo, Daniele Cavaioli, Miriam Fricano e con la partecipazione straordinaria di Maria Grazia Sughi.