La scena finale di “Buongiorno, notte“, film del 2003 di Marco Bellocchio, vede Aldo Moro uscire dal covo delle Brigate Rosse. Roberto Herlitzka, nella parte del politico, esce ed inizia a camminare. Si chiude il cappotto, si passa una mano tra i capelli.

Aldo Moro amava passeggiare. Lo faceva due volte al giorno. Camminava a Roma, intorno allo Stadio dei Marmi. In Val di Fiemme, nei sentieri di Bellamonte. A Torrita Tiberina, dove passava le vacanze pasquali, in una villa con un po’ di terra intorno, un orto e qualche olivo.

Foto Ansa dei funerali di Aldo Moro

Aldo Moro è sepolto qui, insieme alla moglie, in questo pugno di case sul Tevere, mille abitanti a 50km da Roma. Il cimitero comunale sta sulla collina alle spalle del centro e vi si accede tramite le vie, strette e piccole, dei vicoli. La tomba del Presidente del Consiglio è una fra le tante, in un angolo del campo santo. Fuori mattoni e vetro, dentro un nome scolpito sul marmo. Essenziale, semplice. All’interno della cappella si apre, sulla valle tiberina e verso gli Appennini, un finestrone circolare. Quasi un occhio che guarda e lascia entrare luce. Fuori, insieme qualche pianta, deposta durante le commemorazioni organizzate dall’Amministrazione Comunale, e una corona di fiori che porta la scritta “Gli studenti dell’ITE G.Colasanti di Civita Castellana”. Il funerale fu celebrato dall’allora Parroco di Torrita Don Agostino Mancini insieme ai concelebranti, Don Carlo Crucianelli e Don Antonio Giacomini, oggi parroco di Faleria, che di quel giorno ricorda “l’atmosfera quasi irreale, la commozione di tutti“. Il 13 maggio invece, in San Giovanni in Laterano, va di scena il rito di Stato, celebrato dal vescovo Ugo Poletti con Papa Paolo VI. Ci sono tutti: autorità, partiti, colleghi. Due funerali, “da una parte Moro senza lo Stato. Dall’altra, lo Stato senza Moro”, come scrive Giovanni Antonio Fois nel suo libro “Aldo Moro – Cronache di un delitto”.

Mattarella sulla tomba di Aldo Moro, a Torrita Tiberina

Pioveva, quel 10 maggio 78, a Torrita Tiberina e chissà quanta fatica fecero, gli uomini che portavano in spalla la bara di Aldo Moro, per non scivolare sui sanpietrini bagnati dei vicoli. Pioveva anche il 19 luglio del 2010, quando si celebravano, nello stesso posto, i funerali di Eleonora Chavarelli, moglie del Presidente. La “dolcissima Noretta” delle ultime lettere dalla prigionia, catechista nella Parrocchia di Torrita, che rifiutò le condoglianze di stato e l’abbraccio della DC. Nessun politico e nessuna rappresentanza nemmeno ai suoi funerali. Solo qualche fiore, il nastro tricolore del Comune, i figli e la gente del paese. “Finalmente avrà la possibilità di svelare i misteri” disse nell’omelia il Vescovo di Civita Castellana, Romano Rossi.

Funerali di Aldo Moro, a Torrita Tiberina

Nei silenzi e nella solitudine di Torrita si possono trovare quei significati che permettono di capire in pieno la storia di Aldo Moro. Nei racconti di chi c’era, il giorno dei funerali, c’è un episodio che forse più di altri evidenzia l’atmosfera e il clima di quel tempo. A cerimonia finita, correndo verso il cimitero, arriva Amintore Fanfani, presidente del Senato targato Democrazia Cristiana, trafelato, in ritardo e con andatura veloce. La mattina aveva chiesto al segretario DC, Benito Zaccagnini, di poter partecipare ai funerali, sentendosi rispondere in maniera secca e precisa: “No! Sei libero, ma se vai ti denuncio ai probiviri e ti faccio espellere dal partito!“. “Vorrei restasse ben chiara – aveva scritto invece Moro – la piena responsabilità della DC con il suo assurdo ed incredibile comportamento“. Aveva già deciso di essere sepolto a Torrita. Tra la nebbia del Tevere e il silenzio della valle.

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