“Il baratto è un esempio bello di come si possa fare oggi una cosa che è allo stesso tempo antica e nuova. Antica perché si faceva già in tempi antichi e nuova perché io la organizzo attraverso una “cosa nuova” che è la rete, WhatsApp o Facebook. È un modello di quello che secondo me deve essere l’uomo del futuro: un uomo allo stesso tempo aperto alle innovazioni e che non deve portare il broncio alla propria epoca. Deve saper stare con un piede in questo mondo ma con un piede in un mondo antico. Io utilizzo il baratto ma ognuno potrebbe immaginare nella sua giornata di fare cose antiche e nuove. Affidarsi alla scienza senza dimenticarsi di Dio o pensare a Dio, o al mito, non significa trascurare la scienza. Io predico questa sorta di adiacenza dell’antico e del nuovo e così il baratto ne è un piccolissimo esempio. Se io ti do un libro e tu mi mandi dieci euro cosa me ne faccio? Ma se tu mi mandi in cambio un pacco, io lo apro, assaggio una cosa che mi hai mandato ed è tutta un’altra storia perché molto più bella l’emozione che vibra in quel gesto. Il baratto diviene così uno scambio virtuoso ed emozionante”
Franco Arminio
Con questa riflessione, rilasciata in esclusiva da Franco Arminio per Il Nuovo Magazine durante una recente intervista, introduciamo il racconto di una storia che potremmo definire, coerentemente, dal sapore antico e nuovo. Una storia di rinascita che inizia durante il lockdown del 2020 e che vede come protagonista una professionista affermata nel campo dell’educazione che, con caparbietà, non si è lasciata vincere dalle sabbie mobili del lavoro divenuto incerto trovando nell’artigianato motivo di forza e di nuova partenza.
Marzo 2020: una data che segna il confine fra ciò che eravamo e ciò che possiamo (ancora) diventare.
Melania Moneta è una pedagogista e coordinatrice di nidi d’infanzia privati. Nel novembre 2019 decide di iscriversi ad un corso di sartoria spinta da una passione che l’accompagna fin da bambina, nata e coltivata nei lunghi e piacevoli pomeriggi passati a casa della nonna che le insegnava i primi segreti del cucito.
Passati i giorni dell’infanzia e dell’adolescenza i corsi seguiti da Melania iniziano a trattare sempre e unicamente di approfondimenti legati alla sua professione di pedagogista finché ha sentito il bisogno di fare qualcosa di diverso, qualcosa per se stessa che potesse dare voce alla propria creatività. Cerca e trova in questo modo, vicino all’asilo nido in cui lavorava e per fortuna lavora ancora oggi, una scuola di sartoria e inizia il percorso.
Il corso inizia pochi mesi prima dell’inizio del rovesciamento di ogni logica conosciuta fino ad allora: il primo grande lockdown della storia. Tutti sono costretti a rimanere chiusi in casa. Il suo lavoro principale viene a mancare e Melania si ritrova dall’essere una persona super impegnata su tanti fronti dal punto di vista educativo a non avere più un’identità. Contemporaneamente la sua insegnante di sartoria, che pure si è trovata spiazzata perché faceva i corsi in presenza, si è trovata improvvisamente senza poter lavorare e decide di trasformare il suo laboratorio in un laboratorio on line.
Melania aderisce al progetto consapevole che quella avrebbe rappresentato l’unica possibilità di poter continuare a fare qualcosa di bello che la facesse sentire bene. Inizia a cucire dalla mattina alla sera, sempre di più e sempre con maggiore coinvolgimento. Lo fa per se stessa, postando qualche postando qualche foto ogni tanto sui social con le sue primissime creazioni finchè qualche amica inizia a chiederle di realizzare qualcosa di esclusivo.
Da lì in poi tutto avviene in maniera molto naturale. Pian piano aumentano le richieste e nell’estate 2020 nasce il suo brand: MelaMetto (dove al posto della parola mela compare un bel pomo) giocando con il soprannome con la quale tutti la chiamano fin da bambina. La novella artigiana inizia a documentarsi sul come poter rendere economicamente efficace il suo progetto ed entra in contatto con altre artigiane e artigiani come Gulatalpina di Anna Iannicca (borse e zainetti) e Bibihatroppespese di Daniela Arabella (collane di stoffa) che questo lavoro lo facevano da molto più tempo e che le spiegano quale potesse essere la via per conciliare un lavoro principale con una nuova attività. Diventa così ufficialmente un OPI, operatore del proprio ingegno, che rappresenta la strada maestra per chi svolge un’attività creativa e vuole vendere i propri prodotti senza rischi di natura fiscale nella legalità. Iniziano così le prime esperienze nei mercatini e la rete di nuove amicizie fra artigiani per Melania cresce sempre di più incontrando tanti altri che avevano perso il lavoro e che in quel momento di estrema difficoltà, invece di abbattersi, avevano trovato scoperto o riscoperto delle competenze a livello manuale e creativo per poter restare comunque a galla.
Scopre così anche una buona pratica fra artigiani: quella del baratto. Chi si avvicina al mondo dell’artigianato inizia ad apprezzarne moltissimo il valore. Dietro ad ogni oggetto ci sono ore e ore di lavoro di quella persona, c’è la sua idea e rispetto ad una cosa prodotta in un fabbrica c’è una differenza abissale proprio nel senso del valore simbolico dell’oggetto stesso. All’interno dell’esperienza di un mercato c’è uno scambio reciproco di commenti, di complimenti fra artigiani e ci si interessa reciprocamente a ciò che gli altri propongono. La prima occasione di sperimentare il baratto capita a Melania grazie all’incontro con un’altra artigiana, Sara Teodori: fotografa e creativa con il suo brand I,Witch, fra gioielli simbolici e candele uniche. Dopo questo incontro iniziano con Sara altre occasioni di scambio. Sara fotografa le creazioni di Melania facendole un preventivo di spesa sulla base del quale Melania le propone dei capi sartorali creati in esclusiva proprio per lei.
Per Melania il baratto è qualcosa di bello perché l’idea che non ti servano per forza dei soldi per compare qualcosa e che quindi se non ce li hai non la puoi avere, è molto limitante. Invece l’idea che tu artigiano possa creare qualcosa per un altro e l’altro possa darti a sua volta qualcosa che ha fatto lui, è vera poesia.
E se parliamo di bellezza e poesia doveroso è chiudere questo racconto come lo abbiamo iniziato, affidandoci alle parole di Franco Arminio che, durante la recente intervista, ci ha anche detto:
“Ognuno nella sua vita può fare posto all’amore, alla spiritualità, al sacro. È uno spazio che tutti ancora abbiamo e che nessuno ci può togliere. Dove trovare la bellezza? Io credo ai corpi, ai luoghi e alla poesia. Innanzi tutto ai corpi per tornare ad abbracciarci, ad annusarci. Il corpo umano si può guardare senza aver necessariamente un pensiero sessuale. Tornare alla vicinanza dei corpi senza che essa sia inficiata dalla malattia mi sembra già il discorso di una bellissima possibilità. I luoghi che nonostante l’omologazione e la globalizzazione possiamo muoverci per andare a scoprire. Alla bellezza dello spostamento si aggiunge la bellezza in particolare del luogo stesso. E poi sicuramente la poesia. Poesia che per me è sempre anti capitalista, rivoluzionaria e contro la miseria spirituale. La poesia è irriducibile. Non perdere contatto con la poesia per un essere umano è una cosa buona”.