11 MAGGIO – Il documentario “Il Crèmera nelle terre di Veio” sarà presentato alla biblioteca Al tempo ritrovato di Sacrofano. Un progetto ambizioso che ha coinvolto istituzioni e professionisti negli ultimi mesi. Abbiamo intervistato il regista Domenico Parisse, specializzato nei documentari sull’archeologia e già vincitore di premi internazionali per il suo documentario “L’Aniene e i suoi Giganti”.
Intervista a Domenico Parisse
Come ti sei avvicinato a questo genere di documentari?
Ho iniziato la mia carriera documentaristica partendo da filmati inerenti al mondo sommerso. Essendo appassionato anche di archeologia, ho sempre voluto legare questo mondo all’acqua, perché negli anni ho partecipato a dei concorsi il cui tema principale era l’acqua. I due temi acqua-archeologia mi hanno regalato molte soddisfazioni e premi internazionali: è anche per questo che continuo a lavorare su questa coppia. Ho in corso anche un progetto nella Regione Campania dove il tema dell’acqua ritorna assieme all’archeologia, ma legato alle immersioni.
Come è nata la collaborazione con gli Esploratori Veientani?
La collaborazione con gli Esploratori Veientani è nata da una serie di casualità. Il mio amico fotografo Fabio Fusaro mi ha portato con lui una domenica sul Ponte Sodo. Il posto mi era veramente piaciuto. A quel punto io ho contattato un carissimo amico dei Sotterranei di Roma, Marco Placidi, e ho chiesto personalmente a lui se avesse contatti sul territorio del Parco di Veio, con persone che mi potessero dare una mano a realizzare un’idea che avevo in mente.
Cosa ti ha spinto a scegliere il Crèmera come oggetto del documentario?
L’idea di lavorare sul fiume Crèmera è nata grazie al gruppo Veientano, a Francesco, Pietro, Luigi e Gianni. Loro stessi mi hanno mostrato dei lati nascosti di questo fiume, che ho trovato piacevolmente interessanti per la realizzazione di un documentario. E comunque, la mia storia nasce sempre da un fiume, perché avevo sviluppato un progetto simile sulle acque di Tivoli. È stato un lavoro lunghissimo sugli acquedotti, che partiva dai monti Simbruini seguendo il fiume Aniene. Diciamo che ultimamente i fiumi sono la cosa che ispira di più i miei lavori.
Qual è stata la sfida più grande nella produzione di questo documentario?
La sfida più grande (e il piacere più grande) che ho ricevuto in questo lavoro è stata la collaborazione degli enti comunali, della Soprintendenza Archeologica e del Parco di Veio nelle persone di Simona Carosi e Giorgio Polesi. Sono rimasto stupito perché, quando si realizza un documentario, le parti più difficili sono le autorizzazioni. Ma forse questa volta anche loro hanno creduto in questo progetto, perché devo dire che ho ricevuto molta assistenza da parte di tutti gli enti. La cosa mi ha entusiasmato, tant’è vero che stiamo proseguendo con un altro documentario, sicuri di ricevere anche questa volta un valido aiuto dalle istituzioni.
Qual è il messaggio che vuoi comunicare come regista?
Questa è una domanda che mi piace molto. Il messaggio che voglio portare alle presentazioni che faremo, e speriamo anche su qualche TV nazionale, è che è vero che sono un piccolo regista, ma anche io riesco a realizzare lavori stupefacenti che fanno conoscere le potenzialità turistiche e archeologiche del Lazio. Anche perché ti anticipo che questo documentario che stiamo producendo farà parte di un concorso importantissimo su Roma a livello internazionale, dove le partecipazioni sono numerosissime da tutto il mondo. Stare all’interno di questo concorso con due documentari realizzati nel Parco di Veio e nel viterbese mi dà modo di far conoscere questo mondo anche da piccolo regista.
Una curiosità sul documentario.
Ti posso raccontare che abbiamo iniziato le riprese a dicembre e ci sono voluti cinque mesi. Abbiamo lavorato in orari assurdi, molto presto la mattina in giornate con temperature anche di 7°-8°. All’inizio del documentario c’è una scena spettacolare, con una impressionante nebbia su un prato brinato. Io sono dell’idea che i colori più belli si abbiano la mattina presto o nel tardo pomeriggio, e quindi le nostre riprese sono iniziate veramente prestissimo. Devo dire che il progetto mi ha dato modo di conoscere persone stupende. Abbiamo girato all’interno della tomba dei leoni ruggenti, che mi ha stupito per i dipinti. Altre particolarità vere non ce ne sono state, è da sottolineare che comunque non è stato facile come lavoro: abbiamo camminato veramente tanto, abbiamo impegnato amici e amici di amici formando un team collaborativo. Io dico anche vincente.
La produzione è stata molto veloce, considerato che avete finito da poco le riprese.
Sì, siamo stati veloci: gli Esploratori amano il loro territorio e la dimostrazione è stata palese. Mi hanno portato in posti stupendi, nonostante mi conoscessero davvero poco come persona. Poi ovviamente nel tempo hanno anche loro hanno capito con chi stessero lavorando: ho iniziato nel ’91 con le riprese e con una collaborazione con Mediaset e RAI, quindi ho già una lunga esperienza. Poi ho preso il coraggio di iniziare ad autoprodurre questi documentari, sempre a mie spese. Alla fine, come dice sempre un amico, la mia passione mi fa fare ancora queste cose, anche perché ogni documentario è un investimento di tempo e risorse.
Un’anticipazione sui tuoi progetti futuri?
Il proseguo di questo documentario mi vede impegnato nell’Etruria Meridionale stavolta seguendo da vicino le orme di un popolo molto vicino ai Veientani, i Falisci. Un progetto molto ambizioso che vedrà impegnate, oltre alle amministrazioni, anche cinque grosse associazioni dei comuni che andremo a toccare. Ti posso anticipare al momento soltanto il titolo che abbiamo pensato, “Le acque nelle terre dell’Agro Falisco”: anche qui il tema sarà seguire il corso di un fiume. Ci saranno delle situazioni uniche, che grazie a queste collaborazioni spero si tradurranno in un progetto fantastico.
Entreremo in siti non ancora documentati e sperando ancora una volta nella collaborazione della Soprintendenza Archeologica. Da parte dei comuni c’è già un piacere nell’essere partecipi in questo progetto; quindi, credo che anche la Soprintendenza Archeologica possa avere un piacere a collaborare nuovamente su un documentario dove sono io regista e sono io a creare la storia insieme ad altre persone. Voglio sperare in un grande successo.
Infine, il regista Domenico Parisse ci racconta che, per lasciare un segno del lavoro fatto, stanno realizzando un libro, grazie anche all’aiuto delle attività commerciali dei comuni. Sarà presentato a una delle proiezioni del documentario. Il 16 maggio lui e gli Esploratori Veientani saranno ospiti nel programma Polis con Massimiliano Cacciotti sul canale 14 Radio Roma Television.
In attesa di incontrare Domenico Parisse alla presentazione dell’11 maggio, leggi anche il nostro articolo sul Crèmera.