La storia di Tezeta Abraham ci appartiene e ci riguarda da vicino perché parla con urgenza alla nostra collettività.
Modella e attrice italiana, di lei colpisce, oltre la straordinaria bellezza, l’animo franco e combattivo di chi ha tanto da raccontare.
Vincitrice nel 2002 del concorso Miss Africa Italia, Tezeta inizia a sfilare per i più importanti brand di moda. Nel 2010 prende parte alla 71° edizione di Miss Italia e nel 2015 è in televisione nella fiction di Raiuno È arrivata la felicità, per la regia di Riccardo Milani, in cui veste i panni di Francesca, una ragazza italiana figlia di genitori stranieri. Proprio come lei, nata a Gibuti, nel Corno d’Africa, e cresciuta a Roma da quando aveva cinque anni.
I media e la società
Tezeta, la televisione e i media italiani in generale iniziano a parlare di cittadini di seconda e terza generazione, introducendoli in ruoli che rispecchiano più da vicino la nostra società, fuori da stereotipi e luoghi comuni.
Finalmente i media stanno modificando e attualizzando i propri contenuti, grazie anche ad un chiaro desiderio di internazionalizzazione. Mi auguro che gli sceneggiatori riescano a pensare sempre più a ruoli e personaggi che possano colmare quelle lacune storiche e culturali che ancora oggi alimentano la nostra società. Occorre una vera e propria emancipazione nella scrittura e mi riferisco, in particolare, al cinema, dove molto spesso il corpo nero viene ancora visto come “esotico” e non come elemento della quotidianità, in cui le future generazioni si possano identificare. Noi cittadini di seconda o terza generazione tardiamo ad entrare nell’immaginario collettivo, anche se di fatto siamo parte del Paese in cui viviamo e di cui, peraltro, vogliamo sentirci parte. Ciò che altrove è avvenuto già da molto tempo, mi riferisco a serie tv, film o programmi in cui anche gli afrodiscendenti sono protagonisti, sta accadendo anche in Italia. Ma la strada da percorrere è ancora lunga.
Ti sei mai sentita discriminata durante il tuo percorso professionale?
Prima di arrivare al successo sulle passerelle e in televisione ho ricevuto molte porte in faccia. “Sei troppo bella”, la frase che sentivo spesso pronunciare. E quando andava bene il messaggio per cui ero stata scelta e che dovevo interpretare era distante dalla realtà. Mi proponevano ruoli per rappresentare la bella ragazza di colore, straniera, in cerca di fortuna. Solito luogo comune che vede noi africani giusti solo se indossiamo una gonnellina di paglia, balbettando un improbabile italiano. Si trattava della consueta ostentazione di un modello che non ha nulla da raccontare e che tocca la storia solo marginalmente. Perché il colore della pelle, purtroppo, comporta ancora grande emarginazione.
La vita in Italia
Tezeta è ancora piccola quando lascia la sua terra e arriva con la mamma in Italia, precisamente a Roma, dove vive ancora oggi. Ricorda di aver pianto tanto quando ha lasciato la sua grande famiglia in Etiopia. Figlia unica di genitori separati, dopo i primi anni vissuti in collegio, anziché iscriversi all’università inizia a lavorare in una gelateria. Non ha ancora la cittadinanza italiana e per ottenerla, racconta, occorrevano almeno tre anni di lavoro. Voce autorevole che ha dichiarato pubblicamente lo scandalo di una mancata legge sulla cittadinanza nei confronti dei figli degli immigrati, nel 2017 Tezeta Abraham è stata inserita dal Corriere della Sera tra le 50 donne più influenti al mondo, perché rappresenta il riscatto della lotta a sostegno degli afrodiscendenti ed è lo specchio della riflessione post coloniale che interessa il nostro Paese.
Tezeta Abraham e la battaglia per lo IUS SOLI
Chi vive nel Paese in cui non nasce, se non tutelato dalle leggi è straniero due volte. La necessità dello “Ius soli” è la battaglia che porti avanti da anni. Cosa rappresenta per te?
Le norme attualmente vigenti in Italia sono tra le più restrittive. Ho atteso 19 anni prima di ottenere la cittadinanza italiana. I ritardi e le contraddizioni della burocrazia hanno rallentato i miei studi e la mia carriera, non consentendomi, per esempio, di viaggiare per lavoro, se non con il visto. Oggi in Italia vige lo “Ius sanguinis” che è fortemente discriminatorio per tutti coloro che sono cresciuti in Italia pur non essendo nati da genitori italiani. L’attuazione dello “Ius Soli” significherebbe la fine di queste discriminazioni. E di questo deve farsi carico la politica. Mi riferisco alla politica con la P maiuscola, quella che si prende cura di tutti i cittadini senza strumentalizzarne una parte, gli stranieri appunto. Lo “Ius Soli” è un segnale importante che ci consentirà di andare verso un futuro destinato alla reale integrazione. Perché tutti possiamo e dobbiamo essere cittadini del mondo.
L’impegno a favore dell’integrazione
Tezeta Abraham rappresenta un ponte tra due culture, quella etiope e quella italiana e porta questo contributo in numerosi progetti. Oltre ad essere interprete, infatti, è anche sceneggiatrice del corto del pluripremiato regista italo tunisino Hedy Krissane La festa più bellissima (2018), un racconto che parla di emarginazione, diffidenza, integrazione. Questo lavoro, che ha avuto il sostegno del MIBACT, è stato presentato alla Mostra del Cinema di Venezia nell’ambito del progetto Migranti 2018. Nello stesso anno Tezeta firma la regia del cortometraggio La pace all’improvviso (2018) premiato al VerticalMovie Festival con il Premio VerticalDoc. Il corto parla della pace tra Etiopia ed Eritrea, a pochi giorni dallo storico accordo di pace siglato a Jeddah, in Arabia Saudita, tra il Premier etiope Abiy Ahmed e il Presidente eritreo Isaias Afewerki che pone fine a vent’anni di guerra. Costantemente impegnata nella lotta alla discriminazione e sostenitrice di campagne a favore di una politica maggiormente inclusiva, Tezeta in questo periodo sta lavorando a diversi progetti che si augura possano trovare il sostegno da parte di editori e produttori.
Un ponte tra due culture
Il legame con la tua terra d’origine è forte e indissolubile. Torni spesso in Etiopia a trovare la tua famiglia?
La mia grande famiglia africana mi manca molto. Ma da quando è nato mio figlio Zeno la mia famiglia è qui in Italia, anche se con Zeno torno spesso in Etiopia. Sono un’italiana che ha sentito suo questo Paese sin dal primo momento ma sono molto legata alle origini e mi mancano i suoni e i colori della mia terra. Infatti amo lo zighinì tanto quanto amo gli spaghetti al pomodoro.
Quale il tuo colore preferito?
Mi piace il verde perché è il colore delle piante, che adoro, e perché è simbolo di speranza.
A proposito di speranza, il tuo desiderio più grande?
Il mio sogno è di tenere aperto il dibattito sull’importanza dell’inclusione, nella speranza che quell’Italia razzista – che molto spesso non sa di esserlo – possa cambiare rotta. Dal mio canto continuerò a dar voce, attraverso il mio lavoro, i dibattiti e le manifestazioni di piazza, alla condizione di tutti coloro che non ottengono giustizia. Perché tutti rappresentiamo un’opportunità per questo Paese. Indistintamente.