Comprare casa è un sogno tutto italiano che da sempre non conosce pause e limitazioni. Neppure la pandemia che stiamo vivendo è riuscita a spegnere il desiderio più grande di noi italiani.
In Italia la casa ha un valore particolare. Un po’ per motivi culturali, un po’ per la grande disponibilità di immobili a disposizione (ce ne sarebbero circa 1,2 per ogni cittadino).
Il 75% della popolazione possiede almeno una casa di proprietà.
Il dato è tra i più alti al mondo. Si tratta sicuramente di una statistica positiva per quanto riguarda le ripercussioni sul tessuto sociale del Paese. Va da sé che possedere un’abitazione è un elemento di sicurezza e stabilità.
Una scelta di cuore più che di testa. La casa ha un valore affettivo, prima ancora che economico-finanziario.
L’acquisto di un immobile è percepito come un passo fondamentale nella creazione del proprio nucleo familiare: analizzando i numeri del rapporto Casa Doxa 2019, si tratta di una priorità per il 90% dei cittadini. Un approccio che dunque va ben oltre l’idea di possedere un bene fisico: la casa riveste più che altro un “valore esistenziale” ed è percepita come un luogo affettivo e di espressione di chi la abita.
Proprio alla luce di queste riflessioni, potrebbe essere fuorviante parlare di “investimento” in relazione all’acquisto della prima casa, ed anche della seconda, se la utilizziamo per esempio per le vacanze, visto che la grande propensione degli italiani a realizzare investimenti immobiliari spesso non si è fermata alla prima casa.
In generale, l’acquisto di un immobile “da vivere” è infatti più una scelta di consumo che d’investimento. In altre parole, la si acquista prima di tutto per avere dei benefici intangibili: non sono le valutazioni sui possibili ritorni finanziari a pilotare la scelta.
In gran parte della popolazione è diffusa l’idea che il mattone sia un investimento sicuro, un bene rifugio sul quale investire anche la maggior parte dei propri risparmi. Esiste poi un enorme patrimonio immobiliare inutilizzato. Moltissime persone possiedono una o più case, magari in seguito a delle eredità ricevute. Vendere questi immobili può essere in molti casi complesso.
Quando parliamo di investimento immobiliare, parliamo di immobili messi “a reddito”, cioè acquistati per essere dati in affitto e ottenere così una rendita finanziaria. Fatta questa doverosa premessa, la domanda da porsi è: oggi come oggi ha senso investire nel mattone?
La risposta dipende da molti fattori: dove si decide di comprare la casa, quanto la si paga, quanto ci si indebita per acquistarla. E, soprattutto, quali sarebbero le alternative.
Sì perché, se si decide di acquistare un immobile in un’ottica di investimento, bisogna ragionare come se quell’immobile fosse un asset (inteso come capitale) come un altro: un’azione, un’obbligazione, un fondo. E, a dispetto delle apparenze, il mattone non è la scelta più sicura.
Se si sta valutando di investire nell’immobiliare è bene entrare nell’ottica che il mattone è solo uno dei tanti modi per investire i propri risparmi. Si tratta di un concetto abbastanza intuitivo, anche se non diffusamente compreso, perché si tende ad attribuire alla casa uno status speciale. In realtà l’asset immobiliare, fatta eccezione per la prima casa, dovrebbe essere trattato come un qualsiasi altro asset finanziario ed essere valutato in ottica di gestione patrimoniale.
Una volta assunto questo modo di ragionare ecco quali sono i fattori che bisogna tenere in considerazione se si sta pensando di acquistare un immobile: valutazione, tasse, affitto, liquidità, diversificazione.
Valutazione. Se guardiamo al valore reale (che considera l’inflazione) degli immobili negli ultimi 25 anni si nota come esso sia sceso mediamente del 15%. Questo vuol dire che chi avesse investito in immobili non sarebbe riuscito a proteggere il valore del suo capitale dall’inflazione, che negli ultimi 25 anni non ha neanche galoppato particolarmente. Importante considerare che l’ubicazione geografica dell’investimento è fondamentale. Se il valore immobiliare è rimasto infatti costante nelle grandi città come Roma e Milano è però crollato in altre aree del Paese.
Tasse. Se si decide di investire in case, o se si possiedono immobili inutilizzati bisogna considerare il fattore fiscale. Se l’Imu è stata abolita sulle prime case, lo stesso non si può dire sulle seconde case. Ci sono poi le tasse locali.
Affitto: Anche come conseguenza dell’elevato tasso di proprietà immobiliare, il mercato degli affitti in Italia non è reattivo, fatta eccezione per poche aree geografiche. Il tasso di morosità da parte degli inquilini è estremamente elevato e gli strumenti legali a disposizione dei proprietari sono limitati.
Liquidità: L’investimento immobiliare è per definizione poco liquido. Vendere la propria abitazione richiede tempo. Da non sottovalutare poi i costi di intermediazione che possono essere molto onerosi.
Diversificazione: Se si possiede già una prima casa si è probabilmente molto esposti al rischio legato al settore immobiliare. In un’ottica di lungo periodo è opportuno diversificare i propri asset per evitare di essere troppo esposti in caso di crisi specifica del settore.
Come in ogni ambito la diversificazione è importante. Ci permette di tutelarci.
In definitiva, investire in immobili conviene ancora nel 2021 solo in qualche caso. Nel valutarlo non si può evitare di tenere in considerazione tutti i fattori sopra elencati. L’importante è entrare nell’ottica che gli immobili da investimento sono un asset come tutti gli altri e a cui esistono delle alternative e senza mai dimenticare che la pandemia ha fatto crollare il valore degli immobili in generale, con l’eccezione di immobili di lusso e quelli in zone centrali o turistiche.
Insomma, non è che l’investimento immobiliare sia di per sé sconsigliato, anzi: può essere una scelta valida, ma a certe condizioni. È infatti un’attività che richiede competenza, conoscenza del settore e delle specifiche località: in termini di offerta, domanda, prezzi, canoni e prospettive. E che ha senso solo a seguito di un’attenta valutazione di tutte le alternative disponibili.
E’ chiaro che investire nel mattone non sempre porta a dei rendimenti sicuri.
Se lo si mette a regime, come si usa dire, il rendimento netto è del 2% l’anno rispetto alla somma immobilizzata per comprare la casa. Il carico fiscale è sceso rispetto al passato. Questo grazie alla cedolare secca. Cioè al regime (facoltativo) per il quale si può pagare un’imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali. Ovviamente per la parte derivante dal reddito dell’immobile. Un 2% non è molto.
Basta pensare che certi titoli obbligazionari potrebbero rendere altrettanto.
Ma in molti diranno che è garantito. Perché cosa c’è di più solido del mattone?
Oltrepassiamo le grane condominiali, sui pagamenti in ritardo o cessati del tutto. Sorvoliamo anche sugli alloggi semidistrutti quando lasciati e molto spesso sull’impossibilità di cacciare inquilini morosi. Focalizziamoci sulla disponibilità dei soldi, perché questi sono realmente immobilizzati.
Le somme impiegate per azioni e obbligazioni sono disponibili dopo un paio di giorni, dopo tre giorni i fondi di investimento. Se si vuole vendere, e non svendere, una casa possono passare mesi. Attualmente, in media, un minimo di 8, e fino a 18.
Certo, si può pensare che nel momento della vendita dell’immobile si ottenga un guadagno o che quel 2% di rendita abbia aiutato ad ammortizzare i costi. Ma quel 2% va rapportato al valore a cui si vende la casa. Se l’abbiamo comprata a, facciamo un esempio, 100.000 euro, il guadagno lo abbiamo solo se la rivendiamo almeno a 100.000 a parità di potere d’acquisto, ovviamente considerando l’inflazione. Perché se la vendiamo, sempre ad esempio, a 90.000 dopo 5 anni, il nostro 2% annuo (10.000), ce lo siamo bruciato.
Pensiamoci bene su prima di fare scelte immobiliari perchè questi aspetti sono fondamentali.
Diversificare il nostro patrimonio su diversi asset è la nostra migliore tutela.