La lupa, il Tevere, il Colosseo, la carbonara e il dialetto romanesco, sono solo alcuni dei simboli di Roma, una delle città più veraci e autentiche del Pianeta Terra, con uno stile di vita tutto suo, quello della romanità. Una romanità che oggi, forse, non è più possibile trovare in tutti i quartieri di Roma, una città grande e ormai eterogenea, ma anche oppressa e degradata. Eppure, esiste un quartiere che sembra distaccarsi da questa nuova realtà contemporanea, un quartiere completamente diverso dal resto della città che conserva gelosamente la sua identità e la sua romanità: la Garbatella.
Il quartiere della Garbatella viene spesso definito come un “quartiere paese” per aver conservato la calma, il silenzio e l’aspetto popolare; è, infatti, uno dei pochi quartieri di Roma a misura d’uomo e tra i più vivibili, proprio grazie a questo suo essere quasi fuori dal mondo e dal tempo, tant’è che è considerato uno dei quartieri più sicuri della Capitale. Addirittura il Financial Times, uno dei giornali più autorevoli del mondo, ha parlato di questo quartiere, definendolo “un libro di favole” e promuovendolo per la sua originalità architettonica grazie al suo barocchetto romano, per l’atmosfera quasi ovattata rispetto al caos della Capitale e per la buona cucina tradizionale.
La Garbatella, però, è diventata celebre anche grazie all’amatissima serie televisiva “I Cesaroni”, andata in onda su Canale 5 tra il 2006 e il 2014, ambientata proprio in questo bel quartiere abitato da personaggi con la romanità nel sangue. Tuttavia, la Garbatella è una zona ancora molto sottovalutata, ma che è riuscita a conservare un carattere autentico proprio perché poco visitata e poco turistica, e per fortuna!, dato che oggi molte zone di Roma sono diventate dei veri e propri negozi di souvenir all’aperto.
Proprio grazie alla sua autenticità, la Garbatella è tinta di due colori: il giallo e il rosso. Non è un caso, infatti, che la famiglia Cesaroni tifasse per l’A.S. Roma. Il famoso “Bar dei Cesaroni”, che nella serie è la bottiglieria dei fratelli Cesare e Giulio Cesaroni, è in realtà il primo club giallorosso della Garbatella. Tra le tante peculiarità di questo quartiere vi è, infatti, anche la passione per il calcio.
Ma il giallo e il rosso, qui, non sono solo i colori della squadra tanto amata, sono colori veraci, forti, caldi come lo è questo quartiere e la gente che lo abita. Sono i colori dei bambini che giocano a pallone nelle piazzette del quartiere tra gli schiamazzi e le loro mamme che urlano “è pronto!”; sono i colori delle tante Sora Lella che stendono i panni dal balcone mentre osservano dall’alto ciò che succede nel quartiere, perché “le finestre so’ tanti occhi”; sono i colori dei personaggi de “I Cesaroni” che se chiudiamo gli occhi possiamo ancora osservare tra le strade della Garbatella; sono i colori della cucina romana, di una carbonara e di un’amatriciana, ma più in generale di una cucina che tutt’oggi custodisce le tradizioni delle nonne con le ricette caserecce di un tempo, perché alla Garbatella non si mangia, ma “se magna”, e pure bene!
Questi due colori, però, sono soprattutto i colori della solarità, della gentilezza e dell’amore di chi abita questo quartiere da sogno. Forse, la leggenda del nome “Garbatella” ha le sue fondamenta; si narra, infatti, che in origine, nel quartiere, ci fosse un’osteria dove lavorava un’ostessa dai modi così gentili e garbati da divenire celeberrimi: lei fu Carlotta, la garbata e bella ostessa, da cui evidentemente la gente del posto ha ripreso i modi di fare.
Carlotta è, infatti, un’icona del quartiere, tant’è che c’è una fontana che prende il suo nome con tanto di ritratto in pietra. Dalle sue labbra sgorga a detta di molti “l’acqua più fresca de Roma”, e la leggenda narra che se si bevono tre sorsi di quest’acqua si possono esprimere tre desideri d’amore che saranno realizzati per la gioia degli innamorati. Non a caso, la fontana è ubicata ai piedi della cosiddetta “Scalinata degli innamorati”, punto di ritrovo di tante giovani coppie nel dopoguerra e, ancora oggi, sfondo prediletto d’amore.
Tutte le foto sono di Ezio Bocci, compresa quella di copertina. Si trovano sul sito www.aroundrome.it.