Dalle reminiscenze scolastiche potrebbe spiccare la parola “sinestesia”, una particolare figura retorica spesse volte utilizzata in letteratura (ma anche nel linguaggio quotidiano), la quale consiste nell’accostare due parole (spesso sostantivo e aggettivo) appartenenti a sfere sensoriali diverse. Per comprendere al meglio tale concetto si riporta un esempio: musica dolce (sensazione uditiva + sensazione gustativa).
Da come si può evincere, la sinestesia non viene utilizzata solamente da poeti e scrittori ma, quasi senza accorgersene, si utilizza anche nel linguaggio comune, basti pensare ad altri accostamenti come colore caldo, voce ruvida, sguardo silenzioso, giallo squillante. In letteratura, la sinestesia più famosa è, forse, l’incipit di una celebre poesia di Francesco Petrarca: “chiare, fresche et dolci acque”.
La sinestesia, però, non è solamente una figura retorica utilizzata in letteratura o nel linguaggio quotidiano; si tratta anche di una particolare esperienza mentale e sensoriale, ovvero un fenomeno percettivo di natura neurologica, una rara condizione in cui si verifica una sorta di sovrapposizione sensoriale, per cui la stimolazione di uno dei cinque sensi induce una percezione secondaria di un altro senso, in maniera del tutto involontaria. Una sorta di “contaminazione” dei sensi nella percezione.
La parola “sinestesia”, infatti, deriva dal greco sýn (insieme) e aisthánomai (percepisco): percepisco insieme, dunque, l’esperienza di una percezione simultanea. Per cui il sinesteta (cioè una persona con sinestesia) può udire un suono e simultaneamente vedere dei colori, oppure sentire delle determinate parole e avvertire un sapore. Esistono diversi tipi di sinestesia, eccone alcuni:
1 Sinestesia grafema-colore: un particolare numero o una particolare lettera produce la visione di un colore specifico. È la più comune.
2 Sinestesia audio-visiva: un suono produce stimoli visivi come un colore o una figura geometrica.
3 Sinestesia tattile-specchio: si produce quando il tocco di una persona su di sé viene percepito anche dal sinesteta sul proprio corpo.
4 Sinestesia lessico-gustativa: quando una determinata parola genera sul palato un particolare gusto.
5 Sinestesia audio-tattile: un suono può generare, ad esempio, un formicolio sul corpo.
6 Sinestesia spazio-temporale: il tempo che scorre viene percepito nello spazio, ad esempio i mesi dell’anno vengono disposti dal sinesteta in un cerchio che scorre con il passare dei giorni.
Si tratta di una condizione piuttosto interessante e soprattutto rara di cui la scienza sa ancora poco. Si stima che circa il 4% della popolazione mondiale sia in grado di provare gli effetti della sinestesia. Non è semplice immaginare e spiegare una condizione che abbraccia così poche persone al mondo, soprattutto se la scienza ancora non si è espressa chiaramente. Le immagini sopra riportate sono, infatti, solo una ricostruzione.
La prima persona che ha segnalato questo singolare fenomeno fu John Locke, filosofo e medico inglese che, nel 1690, riportò il racconto di un cieco che descriveva il colore rosso come un suono di tromba. Seguirono altri studi isolati ma, in generale, per molti anni, la sinestesia destò poco interesse. Solamente in tempi recenti è entrata a far parte del campo delle neuroscienze.
Ad esempio, oggi, grazie alla risonanza magnetica si può osservare il cervello dei sinesteti per comprenderne l’anatomia. L’origine della sinestesia deriverebbe da connessioni neuronali inconsuete tra aree del cervello (quelle che elaborano le informazioni che provengono dai cinque sensi) che normalmente non interagiscono tra loro. Quello dei sinesteti sarebbe, dunque, un cervello anatomicamente diverso, la cui diversità lo porterebbe a essere più interconnesso.
Nella maggior parte dei casi, questa condizione si verifica sin dalla nascita ma, secondo gli scienziati, potrebbe verificarsi anche in seguito a danni cerebrali, a causa dei disturbi dello spettro autistico o anche attraverso l’uso di alcune sostanze (in quest’ultimo caso, però, gli effetti sarebbero temporanei). Il tutto accade, comunque, sempre in maniera involontaria. Spesso la sinestesia si eredita.
Tuttavia, ci si chiederà: la sinestesia porta vantaggi o svantaggi? È utile o inutile? È stato dimostrato che la sinestesia provoca alterazioni cognitive positive. Come già accennato, essendo il cervello del sinesteta più interconnesso, chi prova gli effetti della sinestesia sarebbe una persona più empatica. Inoltre, alla sinestesia viene associata un’ottima memoria, nonché una maggiore creatività.
Non è un caso, infatti, che molti artisti abbiano avuto queste contaminazioni sensoriali prodotte dalla sinestesia e che grazie a esse abbiano prodotto dei veri e propri capolavori. Basti pensare a Kandinskij, pittore, che era in grado di “vedere la musica”, di vedere i colori dei suoni. O anche a Vladimir Nabokov, scrittore, il quale associava i colori a determinate lettere. Ultimo esempio, Mozart, compositore, sembra che avesse la capacità di vedere il colore delle note insieme al loro suono.
Tuttavia, la sinestesia può essere vissuta anche come un disagio, una difficoltà, in quanto il sinesteta potrebbe rendersi conto di avere una percezione del mondo diversa rispetto agli altri. Va sottolineato, comunque, che, complessivamente, i sinesteti conducono una vita del tutto normale. Bisognerebbe, però, trasformare questo ipotetico disagio in un dono, in una ricchezza, come probabilmente hanno fatto Kandinskij, Nabokov, Mozart e tutti gli artisti sinesteti.
Insomma, approfittare, dunque, della sinestesia, di questa particolare percezione della realtà per creare qualcosa di bello che vada oltre alla realtà così come viene percepita comunemente; insomma fare arte: un dipinto, una poesia, una melodia. L’arte che va oltre la realtà tangibile. Anche perché come spesso accade, “l’arte è in grado di descrivere la realtà ancor prima della scienza”. E la sinestesia, come già visto, è anche una figura retorica in grado, forse, di far capire meglio la sinestesia come fenomeno neurologico. È o non è grazie agli artisti che talvolta si riescono a comprendere dei significati che vanno oltre il senso letterale? Utilizzare l’espressione “un urlo” per descrivere il dolore di una madre che vede il figlio impiccato non è lo stesso che scrivere “urlo nero”. E questo Quasimodo, quando ha scritto la poesia “Alle fronde dei salici”, lo sapeva bene.