C’era una volta un signore di mezz’età, di bianco vestito e con lo zaino in spalla, dal sorriso leggero e con gli occhi profondi, sereno a vedersi. In quel di Morlupo, tutti i giorni, alla stessa ora, lo si vedeva camminare dal nord del paese verso il sud, con passo spedito ma armonioso. Partiva dai pressi della stazione, ignorando bar e ristoranti, supermercati e negozi: i suoi passi non prevedevano nessuna spesa quotidiana né tantomeno un pasto conviviale. Non era nemmeno una semplice passeggiata, la sua. Piuttosto, un atto d’amore. Dopo aver camminato per oltre due chilometri, il signore di mezz’età giungeva alla sua meta quotidiana: una stradina di campagna vicino a Viale Giorgio Almirante. Posava lo zaino a terra, si guardava intorno e poi aspettava pazientemente, sedendosi. D’improvviso, poi, con gli occhi sorridenti, si alzava. Da lontano, vedeva arrivare un gatto bianco e grigio, allegro e sorridente pure lui. I due amici si riconoscevano e l’amore esplodeva nel corpo di quel piccolo felino e in quello più grande del signore di mezz’età. Dopo avergli dato da mangiare, averlo spazzolato e coccolato, il signore di mezz’età salutava il gatto bianco e grigio, con la promessa di rivedersi l’indomani. Il giorno dopo, sarebbe stato il gatto ad aspettarlo e quello dopo ancora il signore di mezz’età, vicendevolmente, così per circa quattro anni e per altri ancora a venire.

C’è, infatti, ancora una volta, da circa quattro anni — ed esiste veramente — un uomo dal cuore buono che a Morlupo si prende cura del piccolo felino: gli dà da mangiare, lo cura e lo riempie di affetto. Non c’è un solo giorno in cui non manchi all’appuntamento, camminando per oltre due chilometri pur di mantenere la promessa fatta al suo amico a quattro zampe. In un mondo in cui il maltrattamento degli animali è, purtroppo, all’ordine del giorno, un rapporto come questo fatto di amore, cura e fedeltà tra un uomo e un animale vale la pena di essere raccontato.

Ciò che spicca in questa storia è anche la grande umiltà di quest’uomo che non vuole apparire su un giornale, dichiarando semplicemente di prendersi cura del gatto con il cuore. E come non credergli? Infatti, il loro, è forse un rapporto d’amore ancora più puro rispetto al classico rapporto tra uomo e animale domestico. Il protagonista di questa storia, per motivi personali, non può portare il gatto in casa sua, eppure se ne prende cura tutti i giorni, dopo una giornata di lavoro, camminando senza sosta anche sotto la pioggia o il sole cocente. Per di più, pensa al suo bene: portarlo via da quel luogo, dove vive da anni e dove comunque è amato e coccolato da altre persone, potrebbe creargli dei disagi. Un amore puro, incondizionato dunque — e sicuramente corrisposto — che insegna a prendersi cura di chi è più fragile ma anche ad amare senza chiedere nulla in cambio.

“Che cosa significa addomesticare?”, questo è forse uno degli interrogativi più celebri della letteratura, la domanda che il piccolo principe rivolge alla volpe, nel capolavoro di Antoine de Saint-Exupéry, grazie al quale si può riflettere sul legame essere umano-animale. Così, la volpe risponde al piccolo principe: “addomesticare vuol dire creare legami. Tu per me sei ancora soltanto un bambino del tutto simile a centomila bambini. E io non ho bisogno di te. E nemmeno tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe simile a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi avremo bisogno l’uno dell’altra. Tu sarai per me unico al mondo. Io sarò per te unica al mondo”. Il piccolo principe ancora non capiva bene queste parole, ma la volpe ben presto gli avrebbe rivelato un segreto

Esistono milioni di gatti e milioni di esseri umani al mondo, ma per il gatto bianco e grigio che abita a Morlupo l’uomo dal cuore buono è l’unico al mondo proprio perché ha saputo addomesticarlo, così come il piccolo principe ha fatto con la volpe. “Addomesticare” significa illuminare la vita di qualcuno affinché quel rumore di passi sarà diverso da tutti gli altri. I campi di grano per la volpe non significavano nulla — lei non mangia pane — ma, da quando è stata addomesticata dal piccolo principe, ha iniziato ad amarli perché gli ricordano i suoi capelli color dell’oro.

Per addomesticare, inoltre, c’è bisogno di riti. Così la volpe dice al piccolo principe: “se per esempio tu vieni alle quattro del pomeriggio, già dalle tre io comincerò a essere felice. Più l’ora si avvicinerà, più mi sentirò felice. Alle quattro mi agiterò e mi preoccuperò; scoprirò il prezzo della felicità! Ma se tu vieni in qualunque momento, io non saprò mai a che ora vestirmi il cuore”. L’uomo dal cuore buono questo lo sa bene e, infatti, non solo si presenta all’appuntamento con il suo amico gatto tutti i giorni, ma lo fa anche esattamente alla stessa ora. E il gatto bianco e grigio lo aspetta sempre con il cuore vestito d’amore.

Succede esattamente tutto questo quando si instaura un legame profondo con un animale, e non c’è bisogno necessariamente di una casa per farlo. Se solo ci si rendesse conto della forza e della bellezza di tale legame— e dell’amore indissolubile — la vita apparirebbe a tutti un po’ meno pesante. Basterebbe guardare gli occhi ridenti dell’uomo dal cuore buono e quelli del gatto bianco e grigio.

Chissà per quanto tempo ancora questo legame allieterà i loro cuori. Ciò che è certo è che alcuni amori durano in eterno, lo insegna la volpe che, nonostante il dolore per la separazione dal piccolo principe, afferma di averci guadagnato nell’essere stata addomesticata da lui. Perché? “Per via del colore del grano” che ora per lei ha un significato e lo avrà per sempre.

“Non si vede bene che con il cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi”. Ecco il segreto della volpe. Un segreto che, forse, l’uomo dal cuore buono e il gatto bianco e grigio possiedono già da tempo.

Il piccolo principe e la volpe, da “Il Piccolo Principe” di Antoine de Saint-Exupéry, Bompiani, pag. 96.
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