Suor Eugenia Bonetti, 80 anni, missionaria della Consolata e Presidente dell’associazione “Slaves no more” (Mai più schiave) è stata incaricata da Papa Francesco di scrivere le meditazioni per la via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo.
Suor Eugenia Bonetti è la quinta donna a scrivere le meditazioni per la Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo. La prima, nel 1993, su incarico di Giovanni Paolo II, fu madre Anna Maria Cànopi, fondatrice e badessa emerita del monastero benedettino Mater Ecclesiae sul lago d’Orta. Due anni dopo, nel 1995,le fece la monaca protestante Minke de Vries.
Nel 2011 l’incarico fu affidato da Benedetto XVI a suor Maria Rita Piccione, appartenente all’Eremo Agostiniano di Lecceto (Siena) e madre preside della Federazione dei Monasteri Agostiniani d’Italia “Madonna del Buon Consiglio”. Nel 2017, Francesco incaricò la biblista francese Anne-Marie Pellettier vincitrice nel 2014 del Premio Ratzinger.
Suor Eugenia Bonetti è stata missionaria in Africa per molti anni e dal 2012 è Presidente dell’associazione SLAVES NO MORE impegnata nella lotta al traffico di esseri umani. È stata insignita Commendatore della Repubblica Italiana dal Presidente Carlo Azeglio Ciampi. Grazie ad una sua richiesta dal 2015 è stata istituita l’8 febbraio la Giornata Mondiale contro la tratta degli esseri umani.
Abbiamo approfondito con lei il tema delle meditazioni del Venerdì Santo. Suor Eugenia Bonetti è un misto di spirito combattivo e dolcezza, porta avanti la sua battaglia con determinazione e amore, un esempio per tutti.
Cosa ha provato quando Papa Francesco le ha affidato le meditazioni?
Un’emozione intensa e una sorpresa, forse non riuscivo nemmeno a capire. Quando mi hanno spiegato il motivo della richiesta del Santo Padre per una Via Crucis che rivolgesse l’attenzione alla tratta degli esseri umani in tutte le sue forme, ecco allora ho capito quale fosse il mio ruolo. Soprattutto per quanto riguarda la situazione di tante donne che spesso per diversi anni vivono una Via Crucis, così come Cristo anche loro sono sulla strada del calvario. Con questa visione e con l’intento di far emergere le loro sofferenze, il loro grido di speranza, la voglia di rinascere dopo lo sfruttamento, l’abbandono e il disprezzo vissuti per anni, ho deciso di accettare come una parte della mia vocazione missionaria. Il Signore mi sta chiedendo non solo di aiutare le donne ad uscire da questo tunnel di morte ma anche di svelare alla società ciò che accade, per scuotere quella che Papa Francesco chiama “l’indifferenza”. Siamo così abituati a queste realtà che non riusciamo a scoprire dietro che quei corpicini maciullati, umiliati, sfruttati c’è il volto di una donna, di una figlia, o di una sorella. Questi sono i motivi che mi hanno fatto accettare la richiesta del Papa per poter far emergere la loro sofferenza e aiutarle a rinascere. La Via Crucis non è una Via verso la chiusura ma per la nuova vita. La stessa cosa accade con queste ragazze per far scoprire loro che dietro tanta sofferenza ci può essere una rinascita, una vita nuova.
Come è arrivata ad occuparsi delle donne?
All’inizio degli anni ‘90, dopo essere stata missionaria in Africa per 25 anni, sono stata richiamata a Torino in un centro di accoglienza per le donne. Il pensiero di cambiare la mia vita è stato un impatto molto forte, ma è stata una nuova sfida per me come missionaria. Non conoscevo questa realtà, il mondo della notte, della strada, vedevo queste donne sulla strada come statuette di ebano, le donne in Africa era piene di vita e qui invece mi sono trovata donne trattate come stracci usa e getta. Un giorno è entrata una di queste donne, una prostituta, per chiedere aiuto, non sapevo come gestire la situazione. Siamo andate insieme a pregare, la gente ci guardava con stupore. Lei ha iniziato a piangere, per me è stato un momento di conversione ho capito che la mia missione non era più in Africa, queste donne avevano bisogno dell’aiuto di una mamma, di una sorella per recuperare la loro vita. La mia vita anche è cambiata.
Di cosa si occupa l’associazione SLAVES NO MORE ?
Come associazione “Slaves no more”aiutiamo le donne che desiderano tornare a casa oppure che vengono rimpatriate contro il loro desiderio, noi offriamo loro come opportunità un progetto di integrazione finanziato e affidato alle suore locali che le accompagnano nel reinserimento. Sono piccoli passi però sono questi che con amore e dedizione che formano i grandi cammini. La Via Crucis vuole portare tutti noi a fare questo cammino perché nessuno sia mai più trattato come schiavo.
Cosa pensa dei nostri giovani?
Io penso che ci sono tanti giovani che sono alla ricerca. Molti dopo aver cercato la gioia in realtà effimere si rendono conto che sono vuote, non riempiono il cuore. Per questo i luoghi di culto abbondano di giovani che hanno il coraggio di stare in preghiera e in riflessione, per essere artefici della loro vita.
Cosa è possibile fare per queste donne?
Un giorno una madre generale a Ponte Galeria ha detto cosa facessimo in quella struttura tutti i sabati, lei ha risposto “ madre facciamo quello che ha fatto la Madonna sotto la croce. La Madonna sotto la croce non è riuscita a cambiare niente per quel figlio che stava morendo, ma era lì a morire con lui.” Questo è il nostro spirito, la loro sofferenza è la nostra sofferenza. Per poter gridare fortemente ‘Mai più schiave’ nella nostra società, noi donne soprattutto lo dobbiamo gridare. Ogni persona deve avere il diritto di essere libera, amata, redenta per poter donare vita nuova ad una civiltà dell’amore, del perdono, della gioia.
Cosa possono fare le donne per combattere questa moderna forma di schiavitù?
Noi donne abbiamo una grande sensibilità, io vivo in pienezza la mia vocazione di donna e mi sento realizzata nel poter essere d’aiuto ad altre donne. Come Maria, Veronica e Maria Maddalena noi abbiamo un grande ruolo siamo chiamate ad “essere accanto”, abbiamo bisogno di avere cuore. Donne accanto ad altre donne, avere il coraggio di dire”non piangere”. Questa è la realtà che vivo, sapere che nel mio paese esiste lo sfruttamento delle donne lo considero una vergogna.