La sensibilizzazione verso il patrimonio culturale è una tematica sempre più sentita dai cittadini e dalle istituzioni del territorio, la conferenza di sabato 17 febbraio è stato un momento di condivisione con la popolazione dei risultati archeologici ottenuti nel secondo anno del progetto.
Il progetto è della durata di 3 anni e finanziato dall’attuale amministrazione di Castelnuovo che si è impegnata a collaborare con le istituzioni (università, soprintendenza e parco di Veio) al fine di valorizzare un’area archeologica e il territorio. Alla conferenza hanno partecipato anche il sindaco Roberto Travaglini, Fulvia Polinari, presidente del consiglio comunale con delega alla valorizzazione dei beni culturali e Giorgio Polesi commissario del Parco di Veio e già presidente.
Le ricerche sono state condotte da Giancarlo Pastura (professore di metodologia della ricerca archeologica presso l’Università degli studi della Tuscia), Elisabette De Minicis (già docente di archeologia medievale presso l’Università degli studi della Tuscia) e gli archeologi Vincenzo Desiderio e Paolo Dalmiglio. Con i nuovi studi hanno contribuito ad ampliare le conoscenze sul sito di Belmonte e sulla storia del nostro territorio.
Ricostruire le dinamiche insediative
La tradizione scolastica definisce “secoli bui” il periodo che va dalla caduta dell’Impero Romano all’anno mille. In realtà non è così, ci sono delle dinamiche insediative differenti che devono essere messe in luce e capite. L’insediamento di Belmonte è un luogo in cui potremmo continuare a sciogliere i nostri interrogativi sulla vita durante questi secoli.
L’abitato
Belmonte è un sito rupestre particolarmente interessante da studiare, copre un arco temporale che inizia nell’alto medioevo e termina verso il 1300. Inoltre, è un luogo che unisce i caratteri tipici degli insediamenti della campagna romana, a quelli del viterbese.
Studiando l’orografia e la disposizione delle evidenze archeologiche, partendo dalla zona settentrionale troviamo: la prima tagliata (sistema difensivo e funzionale alla viabilità dell’abitato) e il ponte medievale. Lungo tutto il margine ovest (l’unico a non essere naturalmente difeso) corrono i resti di una fortificazione alto medievale che ha permesso di datare questa parte dell’insediamento, grazie ai confronti con la tecnica edilizia e lo studio di alcuni materiali trovati. La zona meridionale è interrotta da due tagliate e sulla sommità del pianoro troviamo i resti di una torre e di un edificio (che ancora pone tanti interrogativi) interpretato, ad oggi, come una chiesa.
Il censimento delle cavità
Generalmente i siti rupestri contano 30-40 cavità, Belmonte ne ha 106 (non tutte a vocazione abitativa), il che lo rende si tratta di un insediamento molto consistente. Nella zona orientale in cui il pianoro è più dolce arriviamo fino a 4 livelli di cavità. La maggior parte delle quali sono molto piccole e sono ipogei con caratteri tipici dell’area romana.
Il futuro
Ci sono molti interrogativi sul sito, sopratutto per le sue fasi più antiche. Una di queste domande è: dove si trova la chiesa alto medievale? La chiesa era l’edifico che catalizzava le attività produttive, le persone e la vita dell’insediamento.
Le indagini continueranno con i rilievi delle cavità per capire i rapporti topografici del sito.