Negli ospedali italiani le infezioni contratte in corsia provocano poco meno di 50mila morti l’anno. Una strage.
Il fenomeno ormai ha assunto dimensioni gravissime ed in pochi anni è più che raddoppiato. Per di più è taciuto, passato sotto silenzio poiché ritenuto, a torto, ineluttabile, un rischio inevitabile connesso alla malattia ed al ricovero.
In pochi anni e cioè dal 2003 al 2106 si è passati da 18.668 decessi a 49.301. L’Italia conta il 30% di tutte le morti per sepsi nei 28 Paesi UE.
Il dato emerge dal Rapporto Osservasalute 2018 presentato ieri a Roma. “C’è una strage in corso – ha detto Walter Ricciardi, Direttore dell’Osservatorio nazionale sulla salute – migliaia di persone muoiono ogni giorno per infezioni ospedaliere, ma il fenomeno viene sottovalutato. Abbiamo studiato questo fenomeno per 3 anni, ora possiamo parlare di emergenza nazionale: il Piano nazionale di contrasto all’antibioticoresistenza c’è, ma è rimasto sulla carta. Occorre intervenire per contrastare efficacemente un problema davvero insidioso“.
Si tratta di un vero e proprio allarme rosso. In 13 anni, il tasso di mortalità per infezioni contratte in ospedale è raddoppiato sia per gli uomini che per le donne. L’aumento del fenomeno è stato osservato in tutte le fasce d’età, ma in particolar modo per gli individui dai 75 anni in su. I tassi regionali, spiega il rapporto Osservasalute, presentano un’alta variabilità geografica, con valori più elevati nel Centro e nel Nord e valori più bassi nelle regioni meridionali.
Nel 2016 per gli uomini i valori più alti sono stati registrati in Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia, i più bassi in Campania e Sicilia. Per quanto riguarda le donne, i più alti sono in Emilia Romagna e Liguria e livelli minori in Campania e Sicilia come per gli uomini. Il gap territoriale può però in parte essere legato alla maggiore attenzione da parte delle strutture ospedaliere nel riportare le cause di morte nel certificato.