Dicono che un atleta, se corre contro vento, spende il 2% in più in termini di energia. Alcuni affermano che nei 100 metri piani, se il vento contrario soffia a 2m/s, si perde poco di più di un decimo di secondo. Troppo. Altri invece affermano che, con vento medio contrario, un maratoneta che in media fa i 42 km e 195 metri in più di quattro ore perda addirittura 6 minuti. Un’eternità.
A Trieste la Bora soffia in media a una velocità di 90km/h, ma nel 1954 ha toccato addirittura i 171, prima che il vento rompesse l’anemometro. Forse è per questo che il destino ha portato Nekagenet Crippa qui. A correre contro il vento e a imparare da lui. Classe 1994, mezzofondista, il 2021 a Neka come regalo gli ha portato l’approdo nel mondo dei professionisti, tra le file del Gruppo Sportivo dell’Esercito Italiano. “Fin dalla prima volta che ho indossato le scarpette da corsa, sognavo di fare della mia più grande passione il mio lavoro. È stato un percorso tortuoso e ricco di momenti bui ma la mia testardaggine ha vinto ancora una volta”. Per arrivare fin qui ha dovuto percorrere più di 7000 km, gli stessi che separano Trieste da Dessiè, cittadina del nord dell’Etiopia, nella regione degli Amara. “Del mio paesino, dell’orfanotrofio, ricordo tutto – ha raccontato Neka a Vanity Fair – Andavamo a scuola a piedi, 4 o 5 chilometri, ed era la normalità, questa cosa ti rende un po’ forte, quando vedo le persone che si lamentano perché non c’è il bus per fare 1 chilometro o 2 mi viene da ridere.” Neka rimane orfano, insieme ai suoi cinque fratelli. Tutti vengono adottati nel 2005 da Roberto e Luisa Crippa, milanesi, volontari dell’associazione “Centro Aiuti per l’Etiopia”, che si trasferiscono tra gli abeti e i monti di Montagne, piccola frazione vicino Tione, in provincia di Trento. “Siamo stati fortunati due volte. La prima nell’essere una grande famiglia, la seconda nel poter essere tutti insieme, nello stesso Paese, con lo stesso cognome, con due genitori che ci vogliono bene”.
Neka inizia a correre che ha 11 anni, tra i pendii alpini e la neve. Inizia a correre a scuola, anche perché Kelemu, il fratello più grande, ha fatto due nazionali di corsa. Poi inizia a giocare a calcio e uno con una corsa così non può che schierarsi sulla fascia: diventa terzino, nel Val Randena. È qui che lo notano Marco Borsari, tecnico dal cuore d’oro scomparso nel 2011, e poi Massimo Pegoretti. Iniziano le prime gare, arrivano i primi successi. Poi, nel 2017, l’incubo degli infortuni. Neka smette di correre, dopo l’Istituto Alberghiero inizia a lavorare come aiuto pizzaiolo. Poi l’incontro che cambia una vita, quello con il coach della Trieste Atletica, Roberto Furlanic. “È stata la mia fortuna, a lavoro mi trovavo benissimo, con i colleghi e con i capi, ma sentivo qualcosa che mi mancava. Non ero in pace con me stesso. Lui non ha mai smesso di cercarmi, di chiedermi come stavo. Poi un giorno mi ha chiesto di tornare a correre”. Così il trasferimento a Trieste, nel 2018, il lavoro part-time e la casa trovati dalla società. Si ricominciava da zero. Bronzo a squadre nel 2018 agli Europei di cross, titolo italiano assoluto nella mezza maratona nel 2019.
E adesso l’ingresso nel mondo dei grandi, dei professionisti. Con la maglia azzurra addosso. “Penso che cittadini nati di un solo Stato non ne esistano più, siamo cittadini di tutto il mondo. Uno per sentirsi italiano non deve per forza essere nato in Italia. Io mi sento italiano. Devi rispettare le regole del Paese e sentirle, certo, ma mi fa rabbia quando qualcuno dice “quello è nero, non è italiano al 100%””. Mentre suo fratello, Yema, preparava le prossime Olimpiadi di Tokyo 2021, Neka Crippa correva a casa, in quarantena, sul tapis roulant. “Per me che amo correre tra la natura, tra i boschi, è ancora più difficile”.
Fabrizio De André, in una versione alternativa della Canzone del maggio, diceva che “non potete fermare il vento, gli fate solo perdere tempo”. Neka Crippa non può fermarsi, non l’hanno fermato gli infortuni, non lo può fermare il Covid. Al massimo aspetta, in fondo il suo vento ha iniziato a soffiare adesso.