Breve, stringata, densissima. Quasi un romanzo. Così è la nuova guida del Lucus Feroniae pubblicata con il contributo del Comune di Capena e presentata nei giorni scorsi presso la sala consiliare dal sindaco Roberto Barbetti.
L’autore è Gianfranco Gazzetti, ex direttore dell’Antiquarium ma soprattutto uno dei maggiori studiosi di queste nostre terre ondulate. Scorrendo le 50 pagine della pubblicazione, la sapienza si impone e incanta. E’ un viaggio nel tempo. Racconta la storia dei grandi eventi di conquista e distruzione che hanno interessato il santuario di Lucus Feroniae ma evoca anche, con forza, la vita di famiglie, dee e uomini potenti, protettori e conquistatori. Per ognuno di quelli che hanno abitato, lavorato, pregato nelle vie e nei templi di questa città santuario famosa nel mondo di allora per le grandi feste che vi si tenevano e ricchissima, tanto da ingolosire Annibale e le sue truppe, come narra lo storico Dionisio di Alicarnasso, si erge un’ombra come fossimo sul set di un teatro cinese.
I VINTI LA CUI MEMORIA RESISTE NELLA PIETRA
Ci sono i vinti la cui memoria resiste nella pietra, un magnifico tempio distrutto di cui una camicia di calce ha conservato l’impronta, la storia del tentativo dei vincitori di sfrattare, per legge la dea Feronia regnante da sempre su quel rilievo vista pianura e venerata dai popoli italici. E poi la vita quotidiana nella casa di una famiglia benestante, le botteghe, le case con giardino fino alle opere di Tiberio, quelle di Traiano e infine l’ultima domus con vista sulla Tiberina, risalente al IV secolo e cioè edificata quando ormai le mura dei confini di Roma erano venute giù e nelle terre dell’Impero sciamavano i barbari. Intanto gli scavi: sono durati 58 anni, iniziati nel 1952 si sono conclusi nel 2010 proprio con i lavori del Tempio ellenistico di stile corinzio dedicato alla Dea Feronia distrutto dai soldati di Silla.
I lavori di restauro dell’area invece sono iniziati nel 1971 e si sono conclusi nel 2016, 45 anni dopo. Un lavoro lento, di lunga lena che non si è mai interrotto. E racconta di Cn Egnatius governatore della Macedonia, probabilmente della tribù Stellatina che ampliò la colonia e realizzò il tempio di Feronia. Di lui si hanno poche e labili tracce, forse perché militò dalla parte degli sconfitti nella guerra tra Roma e i popoli italici che nel 149 a.c. rase al suolo case , botteghe, luoghi sacri e la stessa memoria del governatore. Resta il nome inciso nella pietra del fregio del tempio distrutto.
NASCE LA CITTA DI CESARE E DEGLI IMPERATORI
Sulle sue rovine si costruisce la nuova città, il nuovo foro, con il tempio dedicato alla dea Salus destinata, senza successo, a prendere il posto di quella divinità venerata dai popoli sconfitti. Cesare perfeziona il piano di ricostruzione con la distribuzione della terre. Ma gli imperatori hanno a cuore questa colonia, prima Tiberio opera interventi su edifici pubblici, poi Traiano amplia e rende grande il sito, costruisce le terme.
LA CASA DI POLIFEMO E GALATEA
Venne rifatto il quartiere del Foro. Qui vi era e la casa di Polifemo e Galatea nelle cui stanze possiamo camminare oggi. Casa di benestanti, casa di ricchi arredi, di pavimenti a mosaico. E sembra di vedere le ombre dei padroni di casa che fanno gli onori ai visitatori di oggi. Altre abitazioni erano bottega e casa al piano superiore, molte avevano un giardino nel retro come la Domus del Fiore e qui si materializza l’ombra del mercante.
L’ULTIMA DOMUS
E infine l’anfiteatro il più piccolo del mondo romano giunto fino a noi. Con un diametro di 35 metri fu costruito a cura di Silio Epafrodito in epoca traianea ed è commisurato ad una popolazione di 1500 persone, tanti dovevano essere gli abitanti del centro in quegli anni. Ed ecco la Domus sulla via Campana. Le mura dicono che fu l’ultima ad essere costruita perché risale al IV secolo. Fu sicuramente abitata pochi anni e poi andò in rovina. Le attestazioni di vita della colonia sono infatti fissate da due ceppi miliari della Tiberina uno relativo agli anni 305/311 e il secondo a Graziano negli anni dal 367 al 383. Poi l’oblio. Nel V secolo l’abbandono è totale. Il miracolo che compie questa guida anomala, un lungo racconto che si legge tutto di un fiato, è che oggi, se ne segui la traccia, nelle vie dell’antica città riappare la vita.