RUBRICA PROFUMO DI LIBRI

di Maria Vittoria Massarin

“La distanza tra me e il ciliegio” è una storia profonda, che assume tratti strazianti ed ironici, ai quali fa da sfondo una lezione da tenere sempre a mente: nella vita vince chi affronta i propri limiti e fa in modo di sconfiggerli dando un senso anche ai momenti che sembrano senza senso, perché ciò che possiamo fare sarà sempre più importante di qualsiasi altra cosa. 

La “distanza” che incontriamo per la prima volta nel titolo del libro, è quella fra Mafalda, la piccola protagonista del libro, ed il ciliegio che si trova nella sua scuola. Così come Paola Peretti, la scrittrice che le ha dato vita fra le pagine del libro, Mafalda a 9 anni deve già fare i conti con una malattia più grande di lei, che colpisce circa una persona su diecimila: entrambe perderanno la vista a causa di una patologia degenerativa agli occhi. In una recente intervista infatti l’autrice, ha dichiarato che anche lei sta diventando cieca, e che proprio questo le ha dato la spinta per dare vita al suo piccolo capolavoro. 

“Che vale aver rischiato la vita,
 quando ancora della vita non conosci il sapore?”

-Il Barone Rampante

Questa frase da “Il Barone Rampante”, libro preferito di Mafalda, è quasi profetica per il modo in cui la bambina deciderà di affrontare la sfida alla quale la vita ha deciso di sottoporla. Infatti, in un suggestivo parallelismo personaggio-scrittrice, mentre per la Peretti la malattia è stato l’incentivo per scrivere questo meraviglioso libro, per la piccola è stata l’occasione di scendere più a fondo, andare oltre le apparenze. Se in un primo momento leggiamo di una Mafalda che appunta su un quadernino le cose che non potrà più fare una volta cieca, assistendo ad una crescita del personaggio magistralmente descritta dalla Peretti, successivamente la bambina comincerà a scrivere sullo stesso quaderno le cose che invece può ancora fare e per le quali è riconoscente. 

Finito il libro, la lettura dell’intervista dove Paola Peretti rivela l’entità della sua malattia è quasi d’obbligo, come fosse un’appendice al libro stesso. E’ infatti commovente realizzare che Mafalda è un alter-ego della scrittrice e che il libro è un’opportunità che la stessa autrice si è voluta regalare, come fosse un dono a se stessa. 

 

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