Come stai?”, “Resisto”.

Da tempo rispondo così al saluto di amici e conoscenti che incontro per la via. In quelle sette lettere c’è tutto quello che serve, a parte gli anni che passano, a contrastare le tendenze del tempo che ci tocca vivere e alle sue fandonie. La prima è che ci sia oggi maggiore informazione di ieri. Non è vero, oggi c’è una paccottiglia di nozioni che viaggia sui social seduta nel vagone delle opinioni. Ma sono per lo più slogan e tifo.  Un largo e profondo fiume di luoghi comuni, fisime sulle scie bianche nel cielo indicate come il vero nemico. Non si entra nel merito di nulla, ma si tifa su tutto e spesso con l’intolleranza tipica degli hooligan. Si assume un atteggiamento da tifosi sulle tragedie immani che ci toccano da vicino come le guerre, le catastrofi ambientali, il disagio acuto e misterioso che blocca un numero sempre maggiore di ragazzi.

Ascoltare il bollettino dei morti come fossero previsioni del tempo

Il risultato è l’assuefazione, ascoltare il bollettino quotidiano di morti innocenti come fossero previsioni del tempo. Per districarsi da questo limo appiccicoso, deviante, onnipresente, bisogna tornare a distinguere, andare oltre la superficie, sapere, usare tutto il senso critico di cui si dispone, togliersi di dosso l’abito mentale della nostra comfort zone. Occorrerebbero luoghi di confronto per esternare e diluire ansie e angosce e invece esistono solitudini.  Resistere oggi è esercizio di onestà intellettuale, chiamare le cose con il loro nome e lasciare per strada le impostazioni che si sono rivelate false, sbagliate o superate. Ascoltare, non arrendersi e camminare alla ricerca di quell’equilibrio magico che talvolta capita di incontrare nella vita, nel lavoro, nelle amicizie o negli amori. Non è il passatismo di guardarsi indietro e pensare ad un mondo ibernato che può aiutarci, ma la nostalgia dello stato di grazia, che permette la costruzione di una storia condivisa e che poi la memoria trasforma in mito.

I resistenti sono la musica che ci gira intorno

I resistenti sono la musica che ci gira intorno, quelli che sognano. Raccontare le loro storie è (r)esistere. C’è il sindaco di Ponzano Romano che sogna di scavare Ramiano, la città perduta ultimo avamposto della nazionale Capenate, o trasformare il suo paese in un centro internazionale dell’arte contemporanea. C’è il bunker del Soratte che il primo cittadino ha trasformato in motore del turismo per la sua comunità, oppure il sindaco di Riano che lavora per trasformare il centro storico intorno al castello baronale nel salotto culturale del paese. C’è chi lavora a ritrovare il filo della propria identità produttiva come a Torrita Tiberina. È impegno del sindaco, grazie anche alla spinta dell’ambulante che da cinquant’anni gira i mercati della Valle Tiberina con il suo banco di calzature. Non vogliono aprire una fabbrica ma fondare una scuola. E Castelnuovo di Porto che, una volta entrato nel club dei centri storici più belli d’Italia, promuove in maniera incessante cultura e arte. Nazzano invece conserva e cura la memoria con un archivio (in foto) che tutela libri antichi e immagini che ritraggono la vita di mezzo secolo di storia del paese. E Filacciano, che nel suo giovane archivio invece tutela gelosamente antichi e preziosi tomi. 

Il pescatore, la giornalista libraia, gli archivi

E poi le storie dei singoli, di Bruno il pescatore che si nutre dei pesci del fiume Tevere dove si reca quasi ogni giorno, di Iliano che sulla via provinciale trasformava pietre di torrente in sculture di donne, divinità della terra, di quelli che hanno la casa piena casa di libri che gli altri volevano buttare, e Monica Maggi, la giornalista, che li recupera e li regala e li vende nelle bancarelle dei mercati rionali. C’è chi cura la memoria curando archivi, chi conserva e cura la memoria di Matteotti. Chi, come raccontiamo in questo numero, trasforma il paese in una esplosione di creatività attraverso la street art. Magnifiche opere d’arte a riempire gli spazi vuoti.  Questi ed altri fanno parte del popolo dei resistenti di questa valle un po’ in disparte. Sono la Via dei Canti della Valle Tiberina.

E questo giornale è il loro giornale.

 

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