C’era il coprifuoco, a Riano, il 19 luglio del 1943; i militari tedeschi giravano per le vie del paese, perlustrando l’area alla ricerca di partigiani e disertori.
Avrebbe potuto essere una serata difficile come le precedenti, con i cittadini chiusi nelle proprie abitazioni, ma una telefonata arrivò da Roma: “Hanno bombardato San Lorenzo, ci serve un posto in cui stare”.
La famiglia Tomassetti aveva bisogno di un rifugio, dopo aver visto crollare la propria casa sotto le bombe degli alleati. Nannino, il cassamortaro, sua moglie Margherita, e i quattro figli: Lucia, Renato, Gigi e la piccola Elvira, nata da un mese.
Un treno in partenza da piazzale Flaminio li avrebbe portati nel piccolo borgo a cavallo tra la via Flaminia e la Tiberina, dove vivevano alcuni parenti. Difficile, però, trovare posto per ospitare una famiglia di 6 persone.
Il convoglio viaggiò lentamente alla volta del paese perché i binari erano stati danneggiati dall’attacco alleato all’altezza di Prima Porta; arrivò a destinazione solo all’alba del 20 luglio.
Alla stazione c’era una folla commossa ad attendere la famiglia di sfollati: anche il sindaco era accorso.
Una notte insonne aveva infatti attraversato le strade di Riano, con uno slancio di coraggio che squarciò il buio fino all’alba: valeva la pena sfidare il coprifuoco e le possibili conseguenze per aiutare quella famiglia in difficoltà.
In una gara di solidarietà, alcune balie allattarono la piccola Elvira, che piangeva senza fine e innervosiva i militari. La famiglia fu sistemata nei locali della scuola, visto che le abitazioni private erano troppo piccole per accoglierli. I parenti e altri cittadini garantirono tutto il possibile per provvedere alla loro sussistenza.
Nelle settimane seguenti la vita della famiglia sanlorenzina prese a scorrere scandita da ritmi nuovi: Nannino tornò a Roma, nel tentativo di sistemare ciò che rimaneva della casa bombardata, mentre Margherita rimase a Riano per mesi, prendendosi cura dei figli con l’aiuto delle donne del posto.
Il piccolo Gigi ritrovava a poco a poco la serenità persa e Elvira cresceva viziata e coccolata.
Lucia, la più grande, faticò nella consapevolezza: aveva 12 anni e gli occhi azzurri ancora spalancati sull’orrore. Durante il bombardamento si trovava lontana dal quartiere e, nel tentativo di raggiungere la sua famiglia, aveva corso incontro alle bombe, fra le macerie e i corpi senza vita, nauseata dall’odore di carne bruciata. Era arrivata a San Lorenzo ad attacco finito, mentre lungo la strada di casa venivano allineati alcuni corpi senza vita.
Aveva perso i sensi, lasciando sul marciapiede gli ultimi frammenti di un’innocenza perduta.
A Riano, sebbene sentisse la mancanza di casa, ritrovò con il tempo la tranquillità, grazie alla calma del borgo e all’amore delle persone.
Nel frattempo suo fratello Renato, il più introverso, passava le giornate su un’altura che guardava verso la via Tiberina e Monterotondo. Aveva scoperto che lì, vicino a lui, nelle cave del paese, erano nascosti partigiani e militari alleati e aveva capito che era importante non dirlo a nessuno. Di notte, infatti, al riparo dagli occhi tedeschi, alcuni cittadini del posto scendevano fin lì per portare viveri e beni necessari a chi stava nascosto.
La popolazione rianese, in quei tempi difficili, si mise al servizio di chi stava pagando le conseguenze più dure della guerra e lo fece con generosità, con profondo amore per la vita umana.
Un’altra commovente storia ci dà la misura di tutto ciò: nell’ottobre dello stesso anno, sempre a Riano, i coniugi Teresa Giovannucci e Pietro Antonini accolsero in casa loro una famiglia di ebrei, tra cui una bambina di tre anni, Miriam Dell’Ariccia, detta Memme. Li tennero nascosti per nove mesi, salvandoli da morte certa.
Dopo il bombardamento del 19 luglio, i Tomassetti furono solo i primi a cercare rifugio nel piccolo borgo a nord di Roma: nei giorni seguenti, la cittadinanza aprì le porte a numerosi sfollati provenienti dalla capitale martoriata.
Alcuni si fermarono lì, altri proseguirono poi per Rignano Flaminio. Nannino e la sua famiglia si spostarono a Capena, prima di poter finalmente tornare a Roma.
Le campagne e i nostri paesi furono terre di accoglienza nel momento del bisogno, con persone per bene pronte ad aprire gli usci e i cuori per aiutare chi non aveva più nulla.
Vi è ancora traccia di queste storie nella memoria di chi vive: questa sera, martedì 19 luglio a piazzale del Verano, si terrà l’incontro “San Lorenzo non dimentica. Mai più guerre“, a cura della rivista di quartiere “Zi’ Lorenzo“. L’appuntamento è alle ore 18:00.
Saranno presenti Lucia Tomassetti, 91 anni, e sua sorella Elvira, 79. Quest’ultima ha raccontato la storia di quei giorni tristi nel libro “19 Luglio, Cadono le Bombe“, insieme allo scrittore Rolando Galluzzi.
Elvira e Lucia testimonieranno dal vivo gli orrori della guerra, ma parleranno anche della profonda gratitudine per le persone e per i luoghi che le hanno accolte quando tutto, per loro, sembrava perduto.