Sono passati 50 anni dal rogo di Primavalle, atroce episodio di cronaca che scosse l’Italia intera.
Erano gli anni di piombo.
Anni in cui l’estrema destra e l’estrema sinistra erano contrapposte nelle piazze, nelle strade.
Il rosso e il nero si muovevano su barricate diverse, sfumati in un’unica scia di dissennata violenza. Era una lotta che spesso assunse i connotati di guerriglia urbana, in cui l’avversario politico rappresentava il nemico e le ideologie sembravano giustificare il totale annullamento degli oppositori.
In questo contesto si inquadra la tragedia di Primavalle, con due vite spezzate e una verità scritta su carta, che però non ha mai reso reale giustizia alle vittime e ai loro parenti.
Era il 16 aprile 1973, notte fonda.
Dieci litri di benzina filtrarono sotto la porta di un appartamento in via Bernardo da Bibbiena. In quella casa viveva Mario Mattei, segretario della sezione Giarabub del Movimento Sociale Italiano. Con lui la moglie e sei figli. Le fiamme divamparono velocemente e da quel rogo solo quattro persone uscirono vive: Virgilio, 22 anni, si attardò nell’estremo tentativo di trarre in salvo suo fratello Stefano, 10 anni. Persero la vita entrambi divorati dal fuoco.
Restano oggi le foto di Virgilio affacciato alla finestra e i fotogrammi dei telegiornali che inquadrano, in seguito, un lenzuolo bianco adagiato sul cornicione. Stefano, si saprà poi, abbracciava le gambe del fratello nella speranza di salvarsi.
Achille Lollo, Marino Clavo e Manlio Grillo: questi i nomi degli esecutori materiali dell’attentato, condannati in via definitiva nel 1987. All’epoca dei fatti erano tre militanti di Potere Operaio, area radicale della sinistra extraparlamentare. Molti anni dopo, parleranno di un’azione dimostrativa finita male. Achille Lollo visse da latitante (dopo soli due anni di carcere preventivo) e tornò in Italia quando la pena cadde in prescrizione. Manlio Grillo fu accolto in Nicaragua come rifugiato politico.
A cinquant’anni dai fatti Stefano e Virgilio Mattei saranno ricordati in una serie di eventi commemorativi che avranno inizio alle ore 10 proprio sotto la casa dove avvenne la tragedia. La famiglia chiede ancora giustizia. Chiede che sia fatta luce sui presunti mandanti del piano e sui complici che aiutarono Lollo, Clavo e Grillo a metterlo in atto.
Primavalle oggi è un quartiere diverso: murales, aree verdi e teatri hanno cancellato la borgata e dato vita a una zona di Roma curata e dall’animo ancora genuino e popolare.
La memoria, però non scompare sotto il colore dei graffiti: Stefano e Virgilio vivono ancora tra le fronde del piccolo albero piantato per loro. Il ricordo delle due vite perdute si staglia sulla targa affissa poco distante.
Un cartello di rivendicazione fu lasciato la notte del rogo. Recitava: “Colpiti dalla giustizia proletaria”.
Una giustizia proletaria che, beffardamente e in modo cieco, annientò proprio una famiglia operaia, togliendo la vita a due ragazzi con le radici piantate in un quartiere popolare. Due giovani ben lontani dagli assetti di potere, la cui unica colpa fu quella di essere nati “dalla parte sbagliata” di una realtà disumana che colorava di sangue le strade del nostro paese.